Sono rimasti senza risposta gli appelli per la liberazione di Zeinab Sekaanvand, la "sposa bambina", condannata a morte in Iran per l'uccisione del marito quando era...
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Aveva avuto assistenza legale solo nelle fasi finali del procedimento, nel 2014, quando aveva ritrattato la confessione, resa a suo dire dopo che agenti di polizia l'avevano picchiata su ogni parte del corpo», ha scritto l'ong annunciando la morte della giovane, che aveva 24 anni. La vicenda risaliva al 2011. Zeinab era stata costretta a sposare il marito a 15 anni. Poi gli abusi fisici e psicologici, fino a che non decise di farsi giustizia da sola. Quando è stata arrestata a 17 anni la ragazza ha confessato, salvo poi ritrattare, accusando il fratello del marito di averla violentata e poi di aver commesso l'omicidio.
Raccontò di essere stata trattenuta 20 giorni in una stazione di polizia e di aver subito ogni genere di tortura da parte degli agenti. La condanna a morte era stata posposta dopo che in carcere la giovane nel 2016 si era risposata con un detenuto ed era rimasta incinta, ma partorì un bimbo morto. Secondo i medici il decesso venne causato dallo shock subito dalla giovane dopo l'esecuzione della sua compagna di cella. Secondo la legge iraniana, ai minori può essere risparmiata la pena di morte se al momento del delitto «non erano in grado di comprendere la natura del loro crimine». Da un perizia psichiatrica Zeinab era risultata essere preda di una «grave forma di depressione» caratterizzata da insonnia e «difficoltà a prendere decisioni».
Ma, aveva sottolineato Amnesty International in una delle sue tante denunce per tentare di sensibilizzare il mondo e contribuire a salvare la vita alla giovane, questo referto non è stato preso in considerazione.
Corriere Adriatico