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Più spediti verso la federazione di centrodestra. È la «trasformazione» annunciata da Matteo Salvini che traccia ora la deadline a settembre e per questo domani sera incontra Silvio Berlusconi, a Villa Certosa. Il progetto sbandierato più volte dal leader della Lega ingloba anche Fratelli d'Italia, da sempre restii. E prende forma - ieri dal palco del festival della Versiliana - come un gruppo parlamentare unico a Roma e a Bruxelles, per semplificare la coalizione. Una sfida che sa di impossibile. Più fattibile, invece, come alleanza del "centrodestra di governo" alias Lega e Forza Italia.
A tirarsi fuori è ancora una volta, il partito di Giorgia Meloni: «FdI si trova all'opposizione del governo», rimarca l'ovvietà all'Ansa. E taglia corto: «Una federazione tra i partiti che sostengono Draghi è sensata ma non ci coinvolge». Al contrario, «siamo disponibili a una riunione settimanale dei capigruppo del centrodestra - ribadiscono - per rafforzare le idee della coalizione nelle politiche del governo, finora troppo spostate a sinistra». In effetti per i tre partiti, divisi dalla scelta di sostenere il governo di Mario Draghi a febbraio, federarsi è complicato.
Come si può discutere e votare all'unisono i provvedimenti che passeranno dalle Camere, se non addirittura un voto di fiducia, visto che solo due su tre sono nella maggioranza? Salvini glissa sui dettagli e rilancia l'idea, forse anche per spostare l'attenzione dalle polemiche sul proprio sottosegretario Claudio Durigon e il parco Mussolini a Latina.
Da quello che trapela, concretamente non nascerà un gruppo parlamentare unico né ci sarà un nuovo "portavoce" al posto degli attuali capigruppo di Camera e Senato. Di sicuro le consultazioni tra i due saranno più serrate e sui provvedimenti o temi più importanti parlerà un rappresentante solo, a nome dei due partiti, che si alternerà per "par condicio". Al di là della forma, insomma, l'obiettivo è oliare gli ingranaggi reciproci per marciare insieme, pesare di più nel governo e mostrarsi compatti. In vista del partito unico che è il sogno di Berlusconi. Nel frattempo l'alleanza a due consentirebbe tatticamente alla Lega di tenere a freno la 'rivalè sempre più vicina nei sondaggi. Non a caso Meloni tace e anche in via della Scrofa non si dà troppa importanza all'ennesimo annuncio salviniano. Ancora meno a Bruxelles dove l'ipotesi di una federazione resta un miraggio, visto che i tre alleati sono in altrettanti schieramenti diversi. Meloni si è conquistata il ruolo di presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti europei e punta a fare da trait d'union tra il Partito dei popolari europei - di cui fa parte FI, ma non più il premier ungherese Viktor Orban - e Identità e democrazia a cui aderisce la Lega, cercando di arginare la 'deriva a sinistrà che attribuisce soprattutto al Ppe. Difficile pure fidarsi di Salvini che insiste a mostrarsi come il 'grande federatorè della coalizione, ma poi alterna il 'dentro e fuorì dal governo a seconda del tema. Forte della coerenza mostrata finora che sembra stia pagando, FdI preferisce quindi non cambiare strategia: in sintesi, sì ad accordi ad hoc, no ad alleanze strutturali.
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