Salvini rilancia la federazione di centrodestra, ma Meloni si tira fuori: «FdI è all'opposizione del governo»

Salvini rilancia la federazione di centrodestra, ma Meloni si tira fuori: «FdI è all'opposizione del governo»
Salvini rilancia la federazione di centrodestra, ma Meloni si tira fuori: «FdI è all'opposizione del governo»
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Giovedì 19 Agosto 2021, 23:35

Più spediti verso la federazione di centrodestra. È la «trasformazione» annunciata da Matteo Salvini che traccia ora la deadline a settembre e per questo domani sera incontra Silvio Berlusconi, a Villa Certosa. Il progetto sbandierato più volte dal leader della Lega ingloba anche Fratelli d'Italia, da sempre restii. E prende forma - ieri dal palco del festival della Versiliana - come un gruppo parlamentare unico a Roma e a Bruxelles, per semplificare la coalizione. Una sfida che sa di impossibile. Più fattibile, invece, come alleanza del "centrodestra di governo" alias Lega e Forza Italia.

A tirarsi fuori è ancora una volta, il partito di Giorgia Meloni: «FdI si trova all'opposizione del governo», rimarca l'ovvietà all'Ansa. E taglia corto: «Una federazione tra i partiti che sostengono Draghi è sensata ma non ci coinvolge». Al contrario, «siamo disponibili a una riunione settimanale dei capigruppo del centrodestra - ribadiscono - per rafforzare le idee della coalizione nelle politiche del governo, finora troppo spostate a sinistra». In effetti per i tre partiti, divisi dalla scelta di sostenere il governo di Mario Draghi a febbraio, federarsi è complicato.

Come si può discutere e votare all'unisono i provvedimenti che passeranno dalle Camere, se non addirittura un voto di fiducia, visto che solo due su tre sono nella maggioranza? Salvini glissa sui dettagli e rilancia l'idea, forse anche per spostare l'attenzione dalle polemiche sul proprio sottosegretario Claudio Durigon e il parco Mussolini a Latina. Allarga l'operazione al Parlamento europeo, immaginando «un gruppo unico di circa 200 europarlamentari che contrasti i socialisti e la sinistra». E replica il copione a Palazzo Madama e Montecitorio «dove ci sono sei forze di centrodestra che sembrano una squadra di calcetto», convinto che «diventerà una colonna per Draghi». Parole condivise dai berlusconiani. Che perciò si attrezzano, su indicazione del loro leader.

Il Cavaliere dunque domani aprirà le porte della sua residenza in Sardegna per un faccia a faccia con Salvini. Insieme discuteranno regole e modalità operative della federazione (ma parleranno anche di Afghanistan e questioni estere, fa sapere FI).

Da quello che trapela, concretamente non nascerà un gruppo parlamentare unico né ci sarà un nuovo "portavoce" al posto degli attuali capigruppo di Camera e Senato. Di sicuro le consultazioni tra i due saranno più serrate e sui provvedimenti o temi più importanti parlerà un rappresentante solo, a nome dei due partiti, che si alternerà per "par condicio". Al di là della forma, insomma, l'obiettivo è oliare gli ingranaggi reciproci per marciare insieme, pesare di più nel governo e mostrarsi compatti. In vista del partito unico che è il sogno di Berlusconi. Nel frattempo l'alleanza a due consentirebbe tatticamente alla Lega di tenere a freno la 'rivalè sempre più vicina nei sondaggi. Non a caso Meloni tace e anche in via della Scrofa non si dà troppa importanza all'ennesimo annuncio salviniano. Ancora meno a Bruxelles dove l'ipotesi di una federazione resta un miraggio, visto che i tre alleati sono in altrettanti schieramenti diversi. Meloni si è conquistata il ruolo di presidente del gruppo dei Conservatori e riformisti europei e punta a fare da trait d'union tra il Partito dei popolari europei - di cui fa parte FI, ma non più il premier ungherese Viktor Orban - e Identità e democrazia a cui aderisce la Lega, cercando di arginare la 'deriva a sinistrà che attribuisce soprattutto al Ppe. Difficile pure fidarsi di Salvini che insiste a mostrarsi come il 'grande federatorè della coalizione, ma poi alterna il 'dentro e fuorì dal governo a seconda del tema. Forte della coerenza mostrata finora che sembra stia pagando, FdI preferisce quindi non cambiare strategia: in sintesi, sì ad accordi ad hoc, no ad alleanze strutturali.

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