Pochi figli, l'infertilità in Italia è maschile: «Primi sintomi a 18, ecco cosa fare»

Pochi figli, l'infertilità in Italia è maschile: «Primi sintomi a 18, ecco cosa fare»
ROMA - Il 15% delle coppie sono infertili e nella metà dei casi dipende dall'uomo. Mentre però la donna ha fin da piccola l'abitudine dei controlli periodi...

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ROMA - Il 15% delle coppie sono infertili e nella metà dei casi dipende dall'uomo. Mentre però la donna ha fin da piccola l'abitudine dei controlli periodi dal ginecologo, nell'uomo l'unico momento di screening era un tempo il servizio militare. Oggi si assiste così da una parte a una sottovalutazione delle condizioni di salute e dall'altra a un aumento di fattori e abitudini di vita che minano la salute riproduttiva del maschio e di riflesso della coppia. 


A 18 anni già il 25-30% degli uomini presenta patologie che potranno condizionare la possibilità di avere figli da adulto. Per l'OMS le cause più conosciute della diminuzione della capacità riproduttiva maschile sono la riduzione del numero (sotto a 15milioni) e della motilità (meno del 40%) degli spermatozoi. «Tra i motivi di più recente scoperta c'è l'alterazione della morfologia della testa e problemi nel Dna degli spermatozoi, dovuti alla presenza di radicali liberi e a scorretti stili di vita che spesso associano il vizio del fumo, droghe e alcol insieme. Anche l'età avanzata degli uomini crea problemi», spiega il professor Ermanno Greco, direttore del Centro di medicina e biologia della riproduzione, European Hospital di Roma, e presidente del Convegno sulla Procreazione Medicalmente Assistita (PMA), che si tiene a Roma il 16 dicembre.


La scienza però è arrivata in soccorso anche di queste coppie: con la cosiddetta diagnosi genetica preimpianto è oggi possibile distinguere gli embrioni sani da quelli malati e quindi trasferire nell'utero materno solo quelli sani con percentuali di impianto che si aggirano intorno al 60/70%, anche trasferendo un singolo embrione. «L'azoospermia, ossia l'assenza totale di spermatozoi - conclude il professor Greco - rappresenta sicuramente la forma più grave di alterazione riproduttiva maschile ma oggi una buona parte di questi pazienti può ancora avere un figlio proprio. Circa il 70% di essi hanno ancora spermatozoi vitali nei testicoli, che si possono estrarre con procedura microchirurgica (Tese, Microtese) ed iniettare in vitro direttamente all'interno degli ovociti».  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico