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Il Covid chiude la mega fabbrica di iPhone in Cina. A Zhengzhou, il capoluogo dell'Henan, è stato ordinato il lockdown in diversi distretti nel tentativo di riportare sotto controllo i focolai di Covid-19 all'origine delle violente proteste di martedì notte e di ieri mattina presso il mega impianto della Foxconn, la 'iPhone City' che assembla il 70% degli smartphone di Apple. I residenti del centro di Zhengzhou non possono lasciare l'area a meno che non abbiano un test Covid negativo e il permesso delle autorità locali, il cui consiglio è di non lasciare le proprie case «se non è necessario». Secondo la Commissione sanitaria nazionale, l'Henan ha registrato ieri quasi 700 nuovi contagi.
Le proteste alla Foxconn
Proteste su larga scala sono scoppiate nello stabilimento Foxconn di Zhengzhou, la cosiddetta 'iPhone City'. Gli scontri sono documentati da foto e video circolati sui social media in mandarino (Weibo) e internazionali (Twitter). I lavoratori hanno manrciato fronteggiando la polizia in tenuta antisommossa. Nelle scorse settimane, l'impianto, il più grande assemblatore al mondo di iPhone della Apple, è stato al centro della fuga di massa di lavoratori per sottrarsi a un lockdown anti-Covid.
Picco di contagi in Cina
I nuovi casi di Covid-19 hanno toccato mercoledì in Cina i massimi assoluti su base quotidiana dallo scoppio della pandemia di inizio 2020: secondo gli aggiornamenti della Commissione sanitaria nazionale le infezioni domestiche si sono attestate a quota 31.444, di cui 27.517 asintomatiche. Si tratta di numeri minimi considerando quanto accade in altri Paesi, ma rilevanti in Cina dove è ancora seguita la politica della 'tolleranza zero' sia pure nella versione dinamica, basata su lockdown, test di massa e quarantena. Il dato supera i quasi 30.000 contagi di metà aprile, nel pieno dei focolai che bloccarono Shanghai per due mesi.
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Corriere Adriatico