«È possibile curare i tumori senza la chemio»: la scoperta degli esperti

"È possibile curare i tumori senza la chemio": ecco la scoperta degli esperti
SASSARI -  Uccidere le cellule tumorali selettivamente, senza danneggiare quelle sane, è possibile? E senza ricorrere alla chemioterapia ma servendosi di una sorta di...

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SASSARI -  Uccidere le cellule tumorali selettivamente, senza danneggiare quelle sane, è possibile? E senza ricorrere alla chemioterapia ma servendosi di una sorta di grafene 'intelligente', materiale costituito da carbonio? La risposta è sì secondo uno studio portato avanti dall'Università di Sassari e pubblicato su «Angewandte Chemie», la più importante rivista di chimica nel panorama scientifico internazione


Senior author della pubblicazione è Lucia Delogu, biochimica e ricercatrice del dipartimento di Chimica e Farmacia, che ha coordinato una squadra interdisciplinare e internazionale composta tra gli altri da Ester Vazquez dell'Università di Castilla La Mancha, Alberto Bianco del Cnrs di Strasburgo e Maurizio Prato dell'Università di Trieste. «Abbiamo scoperto che un particolare tipo di grafene, un nanomateriale dalle straordinarie caratteristiche fisiche e chimiche, è in grado di eliminare in modo selettivo i monociti, le cellule del sangue - spiega Lucia Delogu - Questa proprietà biologica ci ha spinto a credere che questo materiale fosse in grado di uccidere selettivamente le cellule tumorali di pazienti con leucemia mielomonocitica. Dal confronto con le terapie di uso comune, questo particolare tipo di grafene vien fuori vincente - sottolinea la ricercatrice - quello da noi individuato è estremamente specifico solo per le cellule tumorali e non tossico per le cellule sane presenti nel sangue e nell'organismo in generale».


Alla ricerca ha collaborato Claudio Fozza, oncoematologo e ricercatore del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell'Università di Sassari. «È un passo importante nel campo della ricerca contro le leucemie - conferma - e potrebbe aprire interessanti scenari per la messa a punto di nuove terapie. Pur essendo altamente promettenti, i risultati finora ottenuti in laboratorio dovranno essere confermati in vivo». La ricerca è stata finanziata dal progetto Europeo «G-Immunomics», coordinato da Lucia Delogu, e è sostenuta dal Miur, dalla Call Flagera 2015 e dal progetto europeo «Graphene Flagship», finanziato da Horizon 2020.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico