VIGODARZERE - Dopo due settimane dalla madre, Luigina Rubo, anche il figlio Carlo Dario ha perso la sua battaglia contro il Covid-19. L'imprenditore di Terraglione è...
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Carlo Dario, così come tutta la famiglia, è molto nota nella piccola frazione per essersi sempre messo a disposizione per le attività e iniziative del paese. Non solo, insieme al fratello Danilo, Carlo aveva fondato nel 1982 la Argenteria Dario, in via Lungargine Muson, che realizza una vasta gamma di prodotti e oggetti in argento. Carlo è la quarta vittima nel territorio comunale di Vigodarzere, come ha ricordato anche il sindaco Adolfo Zordan. «Notizie come questa mi rattristano moltissimo e sono molto vicino alle famiglie - ha detto Zordan -. Dall'inizio dell'epidemia a Vigodarzere sono deceduti cinque concittadini; i residenti positivi sono 32 e 11 quelli guariti».
E non è il solo caso. Tra le tante drammatiche storie legate all'emergenza sanitaria, ci sono anche quella di intere famiglie ricoverate a pochi metri di distanza. Quasi sempre senza rendersene conto, a volte senza saperlo. Succede in tutto il Veneto, ma un caso emblematico è capitato all'Azienda ospedaliera di Padova. Un uomo quarantenne ricoverato in terapia semi-intensiva, il padre e la madre intubati in rianimazione, il nonno morto per colpa dello stesso maledetto virus. E, come se non bastasse, anche due zii contagiati. È una famiglia di un comune alle porte di Padova ed è una delle tante che stanno mettendo in seria difficoltà psicologica medici e infermieri. Perché oltre alla domanda «Quando guarirò?» il personale sanitario deve rispondere ad un altro maledetto interrogativo: «Dove sono i miei familiari?». È capitato anche che venissero ricoverate contemporaneamente madre e figlia oppure che una donna di quasi settant'anni morisse mentre il marito era intubato in Rianimazione. Tra gli ultimi casi registrati ci sono anche quelli di genitore e figlio, rispettivamente di 75 e 50 anni.
«Quello degli interi nuclei familiari contagiati è effettivamente un tema molto serio» ha riflettuto nei giorni il professor Andrea Vianello, che guidando la terapia sub-intensiva del policlinico padovano cura i pazienti che si trovano alla penultima spiaggia. «Le stanze sono tutte singole oppure ospitano al massimo due persone tenute ad ampia distanza la spiegazione del primario - quindi non c'è alcuna possibilità di contatto e di vicinanza tra parenti. Qui da noi i pazienti sono trattati con ventilatori, caschi e altri apparecchi respiratori, mentre in Rianimazione sono addirittura intubati. Non c'è modo per avere contatti con i familiari. Questa rappresenta senza dubbio un'ulteriore difficoltà psicologica, perché spesso dobbiamo far fronte alle richieste dei pazienti quando tornano lucidi: «Come sta mio marito?». Situazioni come queste hanno, per gli esperti, cause ben precise. «È l'evoluzione naturale dell'epidemia ha analizzato la scorsa settimana sempre il professor Vianello -. Molti familiari si sono contagiati in casa durante il periodo di incubazione, che dura circa due settimane, quando ancora non avevano sintomi e non sapevano di essere positivi».
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Corriere Adriatico