La mamma si arrende al Coronavirus, dopo 14 giorni muore anche il figlio

La mamma si arrende al Coronavirus, dopo 14 giorni muore anche il figlio
La mamma si arrende al Coronavirus, dopo 14 giorni muore anche il figlio
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Mercoledì 15 Aprile 2020, 11:49 - Ultimo aggiornamento: 13:07

VIGODARZERE - Dopo due settimane dalla madre, Luigina Rubo, anche il figlio Carlo Dario ha perso la sua battaglia contro il Covid-19. L'imprenditore di Terraglione è scomparso nella notte tra lunedì notte all'ospedale di Padova. Aveva 69 anni. Lascia moglie e figli. Solo due settimane fa, la mattina di venerdì 27 marzo la madre, Luigina Rubo 88 anni, era stata ricoverata d'urgenza per l'aggravarsi delle sue condizioni. Nella stessa giornata anche il figlio era stato trasportata nel reparto di terapia intensiva. Altri congiunti di madre e figlio sono stati sottoposti a tampone e sarebbero positivi perché sembra si tratti di un cluster famigliare. 

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Carlo Dario, così come tutta la famiglia, è molto nota nella piccola frazione per essersi sempre messo a disposizione per le attività e iniziative del paese. Non solo, insieme al fratello Danilo, Carlo aveva fondato nel 1982 la Argenteria Dario, in via Lungargine Muson, che realizza una vasta gamma di prodotti e oggetti in argento. Carlo è la quarta vittima nel territorio comunale di Vigodarzere, come ha ricordato anche il sindaco Adolfo Zordan. «Notizie come questa mi rattristano moltissimo e sono molto vicino alle famiglie - ha detto Zordan -. Dall'inizio dell'epidemia a Vigodarzere sono deceduti cinque concittadini; i residenti positivi sono 32 e 11 quelli guariti».

E non è il solo caso. Tra le tante drammatiche storie legate all'emergenza sanitaria, ci sono anche quella di intere famiglie ricoverate a pochi metri di distanza. Quasi sempre senza rendersene conto, a volte senza saperlo. Succede in tutto il Veneto, ma un caso emblematico è capitato all'Azienda ospedaliera di Padova. Un uomo quarantenne ricoverato in terapia semi-intensiva, il padre e la madre intubati in rianimazione, il nonno morto per colpa dello stesso maledetto virus. E, come se non bastasse, anche due zii contagiati. È una famiglia di un comune alle porte di Padova ed è una delle tante che stanno mettendo in seria difficoltà psicologica medici e infermieri. Perché oltre alla domanda «Quando guarirò?» il personale sanitario deve rispondere ad un altro maledetto interrogativo: «Dove sono i miei familiari?». È capitato anche che venissero ricoverate contemporaneamente madre e figlia oppure che una donna di quasi settant'anni morisse mentre il marito era intubato in Rianimazione. Tra gli ultimi casi registrati ci sono anche quelli di genitore e figlio, rispettivamente di 75 e 50 anni. 

«Quello degli interi nuclei familiari contagiati è effettivamente un tema molto serio» ha riflettuto nei giorni il professor Andrea Vianello, che guidando la terapia sub-intensiva del policlinico padovano cura i pazienti che si trovano alla penultima spiaggia. «Le stanze sono tutte singole oppure ospitano al massimo due persone tenute ad ampia distanza la spiegazione del primario - quindi non c'è alcuna possibilità di contatto e di vicinanza tra parenti. Qui da noi i pazienti sono trattati con ventilatori, caschi e altri apparecchi respiratori, mentre in Rianimazione sono addirittura intubati. Non c'è modo per avere contatti con i familiari. Questa rappresenta senza dubbio un'ulteriore difficoltà psicologica, perché spesso dobbiamo far fronte alle richieste dei pazienti quando tornano lucidi: «Come sta mio marito?». Situazioni come queste hanno, per gli esperti, cause ben precise. «È l'evoluzione naturale dell'epidemia ha analizzato la scorsa settimana sempre il professor Vianello -. Molti familiari si sono contagiati in casa durante il periodo di incubazione, che dura circa due settimane, quando ancora non avevano sintomi e non sapevano di essere positivi». 

 

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