Champagne di 170 anni in una nave in fondo al Baltico: è ben conservato

Champagne di 170 anni in una nave in fondo al Baltico: è ben conservato
ROMA - A metà tra il plot di un film d’avventura e un racconto di marinai, la storia riportata oggi da "Le Monde" ha qualcosa di sorprendente: 168 bottiglie di champagne,...

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ROMA - A metà tra il plot di un film d’avventura e un racconto di marinai, la storia riportata oggi da "Le Monde" ha qualcosa di sorprendente: 168 bottiglie di champagne, ritrovate sul fondo del mar Baltico cinque anni fa, tornano agli onori delle cronache per la pubblicazione dei risultati delle analisi sul suo stato di conservazione.






Nascoste nella stiva di una nave (affondata intorno alla metà del XIX secolo), nel buio delle profondità marine, a una temperatura rigida ma costante, lo champagne di questa intera partita di bottiglie ha mantenuto le principali caratteristiche organolettiche, conservandosi in maniera prodigiosa. I ricercatori francesi che lo hanno analizzato pubblicano i risultati dei loro esami, svolti presso l’Accademia nazionale americana di Scienze.





«Ho personalmente assaggiato 100 microlitri, due sole gocce, iniettate con una siringa sulla mia mano» racconta Philippe Jeandet, professore di biochimica alimentare presso la facoltà di scienze dell’Università di Reims, tra i co-autori dello studio. Citando enologi professionisti che, come lui, hanno potuto assaggiare vari campioni di questo champagne, che comprendeva Veuve Clicquot-Ponsardin, dell’Heidsieck e del Juglar (stando a quello che era scritto sui tappi), il prof. Jeandet l’ha definito «molto giovane, di spiccata freschezza, con una nota floreale o fruttata».



Ha poi aggiunto: «Siamo rimasti davvero sorpresi nel constatare che questo champagne era perfettamente conservato, sia dal punto di vista della composizione chimica sia da quello dell’aroma». Contrariamente a quello che ci si potrebbe attendere, non ci sono grandi differenze nel profilo chimico di uno champagne molto vecchio - come in questo caso - rispetto a quello prodotto oggi. «Ci ha sconvolto il fatto che le percentuali di acido acetico erano solamente poco più elevate degli champagne moderni».



Le analisi hanno anche riscontrato del ferro, proveniente dai recipienti metallici allora utilizzati per aggiungere sciroppo d’uva, così come tracce chimiche di legno. All’epoca cui risalgono queste bottiglie di champagne, la vinificazione veniva fatta in botti di quercia, oggi in tinozze di acciaio inox. Ciononostante, dal punto di vista della salute dei consumatori – è l’opinione del prof. Jeandet – questo vino pregiato non può essere paragonabile allo champagne odierno. Ecco perché, molto probabilmente, nessuno potrà gustarlo: resterà come un cimelio del passato, a fare bella mostra di sé in qualche enoteca o museo del mare. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico