«Stop al consumo di suolo, la Riviera è satura», i dati Ispra per bocciare le tre aree da riqualificare

Le tre aree nel mirino
SAN BENEDETTO - «Con le attuali destinazioni, inutili e sbagliate, e i progetti speculativi in essere, non solo perderemo la possibilità di ogni futuro progetto...

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SAN BENEDETTO - «Con le attuali destinazioni, inutili e sbagliate, e i progetti speculativi in essere, non solo perderemo la possibilità di ogni futuro progetto ecologico (forestazione urbana, zone verdi, parchi comunali, corridoi ecologici eccetera) ma saranno irrimediabilmente compromessi gli ultimi terreni utili all’assorbimento delle acque meteoriche, lo scambio gassoso, per l’immagazzinamento di anidride carbonica e delle polveri sottili». 


La battaglia


Il comitato Fermiamo il consumo di suolo riprende la propria battaglia ora che San Benedetto, dopo 30 anni, saraebbe pronta a realizzare un nuovo Piano regolatore e avverte: «I terreni aperti sono una risorsa vitale per la sicurezza e la salute dei cittadini». Tutto infatti parte dai dati Ispra che vedono la città delle palme tra le più urbanizzate d’Italia in vetta alla poco invidiabile classifica nelle Marche. Secondo l’ultimo rapporto dell’Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale infatti la città delle palme è al primo posto con un 37,63% a fronte di una media regionale del 7,24% (dati Legambiente Marche-Ispra), avendo oltretutto la densità di popolazione più alta di tutta la Regione con 1864 abitanti per chilometro quadrato (dati Istat elaborati da Tuttitalia.com).


I terreni


«Un suolo “libero” - spiegano ancora gli attivisti - assorbe fino a 3750 tonnellate d’acqua per ettaro o 400 millimetri di piogge, e noi di San Benedetto – il cui territorio è tutto a rischio idrogeologico - ci accorgiamo ogni anno di più dell’importanza di queste cifre». E ancora un ettaro di terreno trattiene 42 tonnellate di anidride carbonica all’anno, fino a 500 chili al giorno di anidride carbonica e polveri sottili e contribuisce in modo sostanziale alla mitigazione delle isole di calore. «Ecco perché non sono “campi abbandonati” come qualcuno si ostina a dire, ma sono indispensabili alla nostra città». Nel mirino degli ambientalisti ci sono il polo sportivo di zona Brancadoro, quello ospedaliero di Ragnola e la variante edilizia nella zona del mare. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico