San Benedetto, "Samara Challenge" anche in riviera: condanna della Diocesi

San Benedetto, "Samara Challenge" anche in riviera: condanna della Diocesi
SAN BENEDETTO - Samara è in Riviera. Dopo Ascoli, anche lungo la costa è sbarcato il contest-horror che, nelle ultime settimane, sta imperversando in...

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SAN BENEDETTO - Samara è in Riviera. Dopo Ascoli, anche lungo la costa è sbarcato il contest-horror che, nelle ultime settimane, sta imperversando in tutt’Italia. Di cosa si tratta? In estrema sintesi: di notte, qualcuno si traveste nella celebre bambina demoniaca del film “The Ring”.


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Obiettivo? Spaventare la gente. C’è stato un avvistamento a Cupra, mentre sui social-network di Internet è stata pubblicata una foto della paurosa presenza in quello che viene indicato come un parco sambenedettese. 
 
Situazioni del genere si susseguono in tutta Italia e, in alcuni frangenti, si sono registrati anche casi di risse, crisi di panico, incidenti stradali e persone finite all’ospedale. Le forze dell’ordine suggeriscono di non interagire con la persona nei panni di Samara, ma di segnalarne prontamente la presenza al 112. Intanto, lo sbarco di questo scherzo in Riviera è stato condannato senza appelli dal settimanale diocesano L’Ancora: «Il Male non è mai un gioco» scandisce l’organo d’informazione ufficiale della chiesa diocesana, ospitando un intervento di don Fortunato Di Noto. Il sacerdote lancia un interrogativo: «Questi giovani, vestiti come Samara, determinano una riflessione: perché l’uomo vuole trasformarsi in un mostro?». Una domanda che ben si lega al recente intervento del vescovo Carlo Bresciani, incentrato sulla brutta piega che sta prendendo l’universo giovanile, anche nel nostro territorio.


«I ragazzi - ha detto il pastore - vengono sempre più abbandonati a sè stessi e, tutto sommato, penso che a qualcuno faccia comodo che sia così. Fa comodo a chi li sfrutta commercialmente, in fondo certe movide rendono economicamente. Fa comodo alle famiglie che non devono affrontare le fatiche di dire dei no (e a volte so che è tutt’altro che facile). E fa comodo a molti altri che, invece di lavoro, offrono loro solo l’illusione di un divertimento in cui affogare la coscienza di essere abbandonati e soli ad affrontare la vita». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico