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SAN BENEDETTO - Sparavano ai piccioni con un fucile nel centro abitato. Protagonisti due uomini di un comune dell’entroterra rivierasco. Uno è un dipendente pubblico mentre l’altro è addirittura un amministratore, un membro della giunta comunale.
E ora c’è la Procura della Repubblica della Repubblica al lavoro sulla vicenda anche perché, a quanto si apprende, i due, ufficialmente, non avevano alcun titolo per detenere armi da fuoco. Invece, a quanto pare, le utilizzavano e nell’area abitata del paese tanto da spaventare, non poco, i residenti che hanno segnalato la situazione ai carabinieri. I militari hanno dato così il via alle indagini appurando che, effettivamente, i due erano passibili di segnalazione all’autorità giudiziaria per porto abusivo di armi e accensioni ed esplosioni pericolose.
Ora è la Procura che dovrà decidere quali provvedimenti prendere nei confronti dei due soggetti in questione al centro di una vicenda che, di certo, non mancherà di suscitare numerose reazioni sia nel Comune interessato che in tutta l’area limitrofa dal momento che una delle due persone finite al centro dell’inchiesta dei carabinieri è un amministratore comunale e ricopre un ruolo di rilievo all’interno della giunta comunale.
I due rischiano guai seri per tutta una serie di motivi, non ultimo il rischio fatto correre ai residenti della zona muovendosi con un fucile tra le abitazioni e, a quanto si apprende, esplodendo dei colpi. In più c’è l’aspetto, tutt’altro che secondario, del reato potenzialmente commesso nel maltrattamento degli animali. «Maltrattare o peggio uccidere dei piccioni per crudeltà o senza la necessità - spiegano dallo studio legale Cataldi di Ascoli - integra un delitto punibile ai sensi del codice penale. Nessuna discriminazione per legge: il reato di uccisione e di maltrattamento di animali colpisce “chiunque, per crudeltà o senza necessità” uccide o maltratta un animale - qualsiasi -compreso i piccioni che convivono nelle nostre città».
Esistono naturalmente dei “piani di controllo” “piani di controllo” con la legge che prevede la possibilità, per ragioni sanitarie, di tutela del patrimonio zootecnico o di quello storico-artistico, promuovere azioni di contenimento della specie. In tal caso, i sindaci devono ricorrere a ‘metodi ecologici’ di contenimento del fenomeno, secondo il principio di prevalenza della disciplina ambientale. Soltanto in caso di esito negativo dei relativi risultati è lecito adottare piani di abbattimento da realizzare, in ogni caso, per mano di guardie venatorie preposte. Ma di certo il caso in questione non può assolutamente essere classificato come un’azione di contenimento della specie ma qualcosa di più estemporaneo e pericoloso.
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Corriere Adriatico