ASCOLI Due cinesi senza permesso di soggiorno sono stati sorpresi dai militari della Guardia di finanza di Ascoli mentre stavano lavorando in una azienda tessile della Vallata del...
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Constatato che l’azienda faceva parte di quelle autorizzate a poter svolgere la propria attività, al momento di identificare i lavoratori è emerso che due lavoratori extracomunitari non avevano i documenti in regola. I successivi accertamenti hanno permesso di acclarare che le due persone erano illegalmente presenti sul territorio nazionale e pertanto è scaturita l’emissione, da parte del prefetto Stentella, dei decreti di espulsione per entrambi i clandestini.
Ma l’emergenza sanitaria non ha consentito il rimpatrio immediato per i due cinesi e di conseguenza, in attesa dell’esecuzione del provvedimento, il questore ha proceduto a ritirare loro il passaporto è ha disposto per i due l’obbligo di firma.
La denuncia
Il titolare dell’azienda è stato denunciato per aver violato la legge che prevede per il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno, la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa di 5mila euro per ogni lavoratore impiegato. Per i due cinesi, invece, sono scattate le denunce per l’ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato che prevede la pena dell’ammenda da 5 a 10 mila euro. Inoltre, dopo i dovuti accertamenti la guardia di finanza segnalerà all’Agenzia delle entrate ed all’Ispettorato territoriale del lavoro, i proventi in nero con cui sono state corrisposte ai due operai le retribuzioni per le prestazioni di lavoro non regolarizzate e non certificate. Le Fiamme gialle stanno svolgendo serrati controlli sulle imprese che anche in periodo di lockdown hanno proseguito la loro attività. «Finora tutte le aziende che abbiamo controllato erano legittimate a poter lavorare - dice il comandante provinciale della Guardia di Finanza, colonnello Michele Iadarola -. Tutte rientravano nei codici attività autorizzati, oppure facevano parte delle filiere produttive. Chi ha chiesto di potersi riconvertire per produrre altro, lo ha fatto realmente». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico