Comunanza, una piazza intitolata alle ostetriche dei monti Sibillini

Comunanza, una piazza intitolata alle ostetriche dei monti Sibillini
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COMUNANZA - La mansione più bella, delicata, affascinante, carica di densità emotiva e di altissimo valore sociale è sicuramente quella di aiutare a far nascere i bambini. Ora si fa tutto in ospedale, ma una volta si veniva al mondo in casa. Ed è qui che interveniva sempre, per aiutare la puerpera, l’ostetrica, che a Comunanza, nel gergo popolare, veniva chiamata “mammina”, in pratica una seconda mamma. Più che un mestiere una missione sociale ed umana, svolta in qualsiasi giorno o notte dell’anno, con sole, pioggia o neve e con ogni temperatura. Donne eccezionali, delle autentiche eroine, a cui l’amministrazione guidata dal sindaco Alvaro Cesaroni ha voluto dedicare la piazza della Natività, dove è già presente il bellissimo monumento che rappresenta la Sacra Famiglia, nel centro della cittadina. Celeste Pauselli, Margherita Terenzi e Clelia Torsellini, le tre “mammine” che per quasi un secolo, dal 1896 al 1988 hanno aiutato a nascere intere generazioni. La cerimonia di inaugurazione della piazza, di fronte ad una notevole presenza di pubblico, ha visto prima la celebrazione della Santa Messa e la benedizione del rettore del Santuario Madonna dell’Ambro, padre Gianfranco Priori, quindi la consegna di una pergamena con dedica a tutte le attuali gestanti comunanzesi in attesa di partorire, con relativa preghiera recitata da una di loro. Il tutto con l’accompagnamento musicale del corpo bandistico “Città di Comunanza”.


Il sindaco Cesaroni, presenti il vice Domenico Sacconi altri assessori e componenti dell’amministrazione comunale, ha ricordato l’alto spessore umano delle Mammine e l’importantissimo valore sociale del ruolo svolto. In loro onore è stata scoperta una targa dove sono riportati i nomi e la gratitudine della popolazione comunanzese. Un collegamento denso di significato tra l’opera da loro svolta ed il monumento dedicato alla Natività. Lavoro durissimo, quello delle “mammine”, vista anche la vastità del territorio comunale, specialmente nell’area montana. Gli aneddoti si sprecano. Come quando c’era un parto da assistere in campagna, magari in zone difficili da raggiungere, e il marito della puerpera o chi per lui andava in paese a prelevare la “mammina” con la “traia”, rimorchio in legno con due spessi tavoloni laterali a mo’ di pattini a posto delle ruote, trainata da buoi o vacche, dove sopra veniva legata una sedia . Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico