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Gli scenari
A 54 anni, per Alvaro Binni si aprono nuovi scenari: dopo che il suo matrimonio con la donna che le ha dato tre figli è naufragato e dopo aver perso il lavoro, ora è tornato a vivere con la madre con l’intenzione di voltare definitivamente pagina e gettarsi alle spalle questa drammatica esperienza. «Al momento non so cosa farò – dice Binni – ma mi sto guardando intorno.
I tabulati telefonici
Ad incastrarlo furono soprattutto i tabulati telefonici e le perizia eseguite dagli esperti del Ros e quelli del Ris dei carabinieri che analizzando le utenze di Binni e le celle telefoniche accertarono che l’uomo, nella giornata del 5 gennaio 2012, era proprio nel Bosco dell’Impero. Quel giorno, infatti, a distanza di pochi secondi l’una dall’altra l’ascolano ricevette prima una chiamata sul suo telefonino e poi ne effettuò un’altra impegnando due ripetitori differenti. Sovrapponendo le coperture dei due segnali, gli inquirenti hanno sostenuto che Binni poteva trovarsi solo nel Bosco dell’Impero e stava lì per occultare il cadavere dell’amante. Tesi che venne contestata dalla difesa e dallo stesso Alvaro Binni che si è sempre professato innocente. Nel 2015, però, la sentenza è passata in giudicato con il pronunciamento della Cassazione che ha confermato la condanna a 15 anni di carcere. Una pena che nel corso degli anni si è ridotta per i benefici della buona condotta tenuta dall’ex tecnico della Questura durante la detenzione. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico