Ascoli, Alvaro Binni torna in libertà dopo 11 anni per avere ucciso l'amante (ex funzionaria di prefettura di Ancona): «Ora mi guardo intorno»

Alvaro Binni al centro
ASCOLI - «Ho scontato la mia pena». A rispondere senza esitazioni dall’altro capo del telefono è Alvaro Binni, l’ex tecnico della Questura di Ascoli...

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ASCOLI - «Ho scontato la mia pena». A rispondere senza esitazioni dall’altro capo del telefono è Alvaro Binni, l’ex tecnico della Questura di Ascoli condannato per l’omicidio di Rossella Goffo (la donna residente ad Ancona con la quale aveva avuto una relazione extraconiugale) da qualche settimana è uscito definitivamente dal carcere dopo aver trascorso dietro le sbarre undici anni. «Ora sono un uomo libero, ho saldato il mio debito con la giustizia». 

 

Gli scenari


A 54 anni, per Alvaro Binni si aprono nuovi scenari: dopo che il suo matrimonio con la donna che le ha dato tre figli è naufragato e dopo aver perso il lavoro, ora è tornato a vivere con la madre con l’intenzione di voltare definitivamente pagina e gettarsi alle spalle questa drammatica esperienza. «Al momento non so cosa farò – dice Binni – ma mi sto guardando intorno. Qualcosa occasione potrà capitarmi ». Alvaro Binni venne arrestato nel 2012, a circa due anni dalla scomparsa di Rossella Goffo, di cui si persero le tracce tra il 4 e il 5 maggio del 2010. Il corpo senza vita dell’ex funzionaria della prefettura di Ancona fu rinvenuto in una buca scavata nel terreno all’interno del Bosco dell’Impero a Colle San Marco. I due si erano conosciuti qualche tempo prima per motivi di lavoro e tra loro era nata una relazione extraconiugale, tanto che la donna chiese il trasferimento da Rovigo ad Ancona. Stando alla ricostruzione fatta dalla Procura nel corso delle indagini, Binni non avrebbe retto alle richieste della donna che si erano fatte sempre più pressanti e che sembrava intenzionata a cercare casa nell’Ascolano. Per il Pm, questo poteva rappresentare il possibile movente per compiere l’omicidio. 


I tabulati telefonici


Ad incastrarlo furono soprattutto i tabulati telefonici e le perizia eseguite dagli esperti del Ros e quelli del Ris dei carabinieri che analizzando le utenze di Binni e le celle telefoniche accertarono che l’uomo, nella giornata del 5 gennaio 2012, era proprio nel Bosco dell’Impero. Quel giorno, infatti, a distanza di pochi secondi l’una dall’altra l’ascolano ricevette prima una chiamata sul suo telefonino e poi ne effettuò un’altra impegnando due ripetitori differenti. Sovrapponendo le coperture dei due segnali, gli inquirenti hanno sostenuto che Binni poteva trovarsi solo nel Bosco dell’Impero e stava lì per occultare il cadavere dell’amante. Tesi che venne contestata dalla difesa e dallo stesso Alvaro Binni che si è sempre professato innocente. Nel 2015, però, la sentenza è passata in giudicato con il pronunciamento della Cassazione che ha confermato la condanna a 15 anni di carcere. Una pena che nel corso degli anni si è ridotta per i benefici della buona condotta tenuta dall’ex tecnico della Questura durante la detenzione.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico