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ASCOLI - Giuseppe Rossi, il medico arrestato per aver rilasciato falsi Green pass a 73 persone senza inoculare il vaccino, è rinchiuso nel carcere di Ancona da dove questa mattina si collegherà in videoconferenza per l’interrogatorio di garanzia davanti al gip di Ascoli, Annalisa Giusti. Con lui anche Maurizio Strappelli, ai domiciliari, considerato dalla Procura l’intermediario tra il medico e le 73 persone iscritte anche loro nel registro degli indagati per falso in concorso con il medico.
Secondo quanto rilevato dagli inquirenti, alcuni di questi non si sono mai incontrati con Rossi e neppure si sono mai sentiti per telefono. Dalle oltre 240 pagine che compongono l’ordinanza emergono alcune intercettazioni ambientali e telefoniche ritenute decisive dalla Procura per sostenere le proprie tesi accusatorie.
Come, ad esempio quella della commessa che chiama preoccupata il marito perchè il proprio datore di lavoro aveva manifestato alcuni dubbi sul Green pass presentato al lavoro: «Voleva vedere il foglio perché sul foglio quello lì del Green pass c’è scritto quando è stata fatta la prima somministrazione no...
A finire nell’inchiesta e ad essere indagato, poi, c’è anche un ex amministratore pubblico nell’elenco degli indagati assieme alla moglie, convinta No vax e alcuni familiari. Nel frattempo, l’inchiesta sta creando notevoli ripercussioni nell’opinione pubblica ed anche nell’ambiente politico cittadino. A tal proposito, il coordinamento ascolano dell’associazione Dipende da noi, Movimento Cinquestelle e Pd di Ascoli chiedono chiarezza e trasparenza su quanto avvenuto invitando il sindaco a costituirsi come parte civile in un eventuale procedimento penale.
«Come cittadine e cittadini del territorio manifestiamo la nostra grande preoccupazione sia per il presunto comportamento del medico in totale contrasto con l’etica professionale sia per i suoi pazienti e gli effetti sulla comunità - affermano - Sempre dalla cronaca apprendiamo che tra i 73 soggetti indagati che avrebbero ottenuto un Green pass falso ci sarebbero persone che lavorano in ristoranti, bar, pizzerie ma anche un insegnante ed una persona impegnata in un ruolo primario nel soccorso pubblico. Chiediamo, pertanto, che venga fatta chiarezza e che l’Amministrazione comunale, nel caso di un eventuale processo, si costituisca parte civile nell’interesse collettivo della cittadinanza».
Corriere Adriatico