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ANCONA - Partiti i primi carichi della solidarietà alla volta del confine polacco con l’Ucraina, mentre già oggi dovrebbero arrivare i primi profughi in fuga dalla guerra. Ne erano attesi ad esempio 12 già per la scorsa notte a Filottrano - quattro donne e 8 bambini - ma è probabile che siano solo le avanguardie di un afflusso molto più nutrito. La parrocchia filottranese di Santa Maria Assunta, che si è adoperata per l’accoglienza, stava raccogliendo pannolini per bambini e altri generi di conforto.
Le prime accoglienze di profughi ucraini al momento sono il frutto appunto di meritorie iniziative delle singole associazioni di volontariato o parrocchie, non di un trasferimento organizzato. La Prefettura di Ancona comunque è pronta ad accogliere profughi, in segno di solidarietà ad una comunità ucraina che conta 3mila persone in provincia e 700 nel capoluogo, e ha recepito la direttiva ministeriale che, oltre al rafforzamento della rete di accoglienza degli stranieri, prevede che i rifugiati dall’Ucraina vengano ospitati nei Centri assistenza straordinari, anche senza aver presentato richiesta di protezione internazionale.
Intanto sono in strada da ieri, attesi da un viaggio di 16 ore.
I punti di raccolta
Nella provincia di Ancona sono quattro i punti di raccolta per l’invio di aiuti umanitari: Ancona, Jesi, Falconara e Senigallia. Per ciascuno la Comunità ucraina ha individuato un referente per il coordinamento delle attività. Olena Tymchenko, 54 anni, dipendente del tribunale di Ancona in qualità di interprete e traduttore, è originaria di Kiev. Da 27 anni vive a Senigallia dove sta gestendo le operazioni di raccolta beni di prima necessità. «Servono prima di tutto medicinali e medicamenti - spiega Olena - anticoagulanti, antidolorifici, garze, cerotti. E poi il cibo, in particolare alimenti in scatola». Ogni giorno arrivano scatoloni pieni di prodotti di ogni genere: anche vestiti, coperte, pannolini per i bambini. «Siamo veramente commossi dalla solidarietà che stiamo ricevendo» dice Petro, operaio di 53 anni, originario di Ivano-Frankivs’k e ad Ancona dal 2003. «Dobbiamo fare più in fretta possibile» ribatte Yaroslav, metalmeccanico di 43 anni, nato a Leopoli e in Italia dal 2002.
La Comunità ucraina marchigiana l’ha incaricato di seguire le operazioni del centro raccolta di Falconara. «Nelle città dove si combatte non ci sono farmacie aperte - spiega Yaroslav - e il cibo scarseggia ovunque». Per ogni furgone che parte servono mille euro. «Per ora i soldi li mettiamo noi - continua Yaroslav - ma speriamo che qualcuno ci dia una mano anche con i costi».
La paura
La paura per l’incolumità di amici e parenti è un sentimento costante. «Stavo parlando al telefono con mia sorella che si trova Ivano Frankivs’k - racconta Petro - quando ad un certo punto si sono sentite le sirene. Abbiamo interrotto la telefonata perché è dovuta scappare». Per tutti gli ucraini in Italia, la loro vita oggi è qua. Ma il cuore batte al di là del confine. «La prima notte di guerra mi hanno portato in ospedale - racconta Olena mentre la voce le si incrina - ho avuto un attacco di panico. Mi è schizzata la pressione alle stelle».
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Corriere Adriatico