Serra San Quirico, strage senza fine di caprioli nel canale dell'orrore

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SERRA SAN QUIRICO -  SERRA SAN QUIRICO L’agonia dura ore e poi vince lo sgrigliatore di Sant’Elena, il meccanismo che scarica in un profondo fosso ramaglie e detriti pescati nel canale che veicola le acque dell’Esino verso la centrale idroelettrica di Serra San Quirico. Una fine orribile per i caprioli rimasti intrappolati che, stremati, muoiono annegati o cadendo e, se sopravvivono, rimangono mutilati.


Lo strazio
«Ogni anno è una strage - protesta Natale Medici -. Da febbraio non si contano più le carcasse.» Con i figli Lorenzo e Marino, Natale è tagliatore di pietra, d’arenaria. Sono selcini di mestiere. Gli unici rimasti in zona. «Quando lavoriamo fuori, a volte sono i lamenti ad avvertirci che un animale è in difficoltà. Ma tanti purtroppo li abbiamo salvati solo per puro caso». La famiglia Medici non è l’unica a preoccuparsi per la sorte degli animali. In quel pittoresco e suggestivo lembo di terra sono in tanti a darsi da fare. Al punto che, senza concertarsi, si sono organizzati e spesso c’è qualcuno allo sgrigliatore che controlla il canale. L’ultimo allarme risale proprio a mercoledì scorso.

 

La task force
«Questa volta c’erano proprio tutti - commenta Marino -. I vigili del fuoco di Jesi, i carabinieri forestali di Genga e di Sassoferrato, la polizia stradale. Il capriolo era ancora vivo ma non so se veramente ce l’ha fatta. Era ferito, non si rialzava. È stato preso in cura da un’associazione». Il problema non è il canale di per sé ma le sue recinzioni. Non è molto profondo e nemmeno molto largo, ma è costruito in cemento ed ha argini ripidi impossibili da risalire per gli animali che ci cadono. Porta le acque dell’Esino dalla Gola della Rossa fino alla centrale vicino all’abbazia di Sant’Elena di Serra San Quirico, è lungo 4 chilometri e si snoda nelle campagne. Pertanto incrocia numerosi corridoi privilegiati dagli animali. A sua protezione, c’è una recinzione a tratti sfondata o non abbastanza alta da ostacolare i caprioli.
«Abbiamo un programma fitto e costante di manutenzione del canale e dunque delle sue recinzioni – spiegano all’ufficio comunicazione dell’Enel, proprietario e gestore dell’impianto -. Purtroppo nel periodo dell’innamoramento, i caprioli sono imprudenti e impetuosi, e nella ricerca di territori nuovi sfondano le reti di sicurezza e cadono nelle acque da cui non riescono ad uscire. Comunque - conferma l’Enel - tutta l’impiantistica della centrale è a norma di legge e rispetta tutte le misure di sicurezza».

La segnalazione
Una segnalazione però sullo sgrigliatore è già stata inviata dai Carabinieri forestali di Genga e di Sassoferrato intervenuti mercoledì per salvare un piccolo capriolo. Mentre l’impianto di per sé è adeguatamente recintato, il fosso di scolo non lo è. È pure sprovvisto di una segnaletica per avvertire del pericolo curiosi o distratti. «Già l’anno scorso avevamo denunciato la situazione. Eppure nulla è cambiato – interviene Francesca Pulcini, presidente di Legambiente Marche - Gli animali soffrono, le forze di polizia, i vigili del fuoco, i Cras intervengono, i cittadini segnalano ed aiutano, ma non si mette in sicurezza quel canale. Bisogna anche valutare le risorse economiche pubbliche che ogni intervento richiede a fronte di una spesa sicuramente inferiore sugli argini».

L’area turistica

Opinione condivisa da Jacopo Angelini, presidente Wwf Marche, che sottolinea anche lui quanto l’area, a pochi metri dall’Abbazia di Sant’Elena, sia una meta turistica e come si trovi sulla strada che porta a Gorgovia ed è frequentata da pedoni e ciclisti. «Anche questa mattina (ieri per chi legge, ndr) c’era un capriolo morto - conclude Natale Medici -. Ma adesso non c’è più. Forse è un dipendente dell’Enel che lo ha tolto, forse qualcuno lo ha messo nel suo congelatore. Io comunque sono un cacciatore e vedere un animale morire così mi spezza il cuore». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico