SENIGALLIA - Per vendicarsi del mancato funzionamento di alcuni pannelli solari acquistati, si sarebbe accanito contro la famiglia del titolare dell’azienda che gli aveva...
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Un gesto che la procura ha addebitato a un 57enne residente nel Pesarese, l’uomo che aveva acquistato i pannelli solari difettosi e per cui aveva chiesto un risarcimento alla ditta. Quell’uomo, a distanza di quasi 6 anni dai fatti passati sotto la lente della magistratura, è finito a processo con l’accusa di minacce aggravate e molestie. Il procedimento si è aperto ieri davanti al giudice Elisa Matricardi. A parlare dal banco dei testimoni sono state le persone offese, colpite tra il settembre e il dicembre 2012. Un lasso di tempo successivo alla nascita del contenzioso legale tra l’azienda di pannelli e l’acquirente, il proprietario di una tenuta agricola.
A causa del mancato funzionamento, il 57enne aveva chiesto il risarcimento del danno alla ditta. L’accordo, secondo quanto riscontrato, era andato in porto ma, prima del pagamento, la società aveva fallito. E dunque, il cliente non avrebbe – come da lui sostenuto – mai ricevuto neanche un euro. A quel punto, secondo la procura, si sarebbe reso protagonista di alcune minacce. In due occasioni, la famiglia del titolare della ditta, nonché ex presidente del consiglio di amministrazione, avrebbe ricevuto due chiamate anonime al telefono di casa. «Bella casetta, casetta brucia. Bei bambini, bei bambini», avrebbe detto l’imputato alla cornetta di una cabina telefonica che poi gli inquirenti hanno stabilito essere vicino alla sua tenuta. Successivamente c’è stato il ritrovamento della testa mozzata poco prima del Natale 2012. Ai carabinieri erano bastati pochi mesi per risalire al presunto responsabile. Di lì, l’apertura del procedimento e il rinvio a giudizio del 57enne che – tramite l’avvocato Paola Righetti Saragoni, respinge tutte le accuse mosse dalla procura. Per la difesa, infatti, non ci sarebbero prove della presenza dell’imputato dietro le minacce mosse alla famiglia dell’imprenditore. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico