Al PalaPrometeo di Ancona il quiz per le professioni sanitarie. Tutti contro il numero chiuso: «Un test non può decidere il nostro futuro»

Al PalaPrometeo il quiz per le professioni sanitarie. Tutti contro il numero chiuso: «Un test non può decidere il nostro futuro»
ANCONA - Tutti contro il numero chiuso. Ieri al PalaPrometeo e alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche si è...

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ANCONA - Tutti contro il numero chiuso. Ieri al PalaPrometeo e alla facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche si è tenuto il test di ingresso per i corsi di laurea delle Professioni sanitarie. Concorso arrivato dopo quello per Medicina e Chirurgia, che a livello nazionale ha visto la metà dei candidati non raggiungere nemmeno il punteggio minimo per essere inseriti in graduatoria. Un fatto, questo, che ha riacceso il dibattito sull’opportunità del numero chiuso, con la stragrande maggioranza dei candidati che si dice favorevole alla sua abolizione.

 

«Si tratta di una privazione del diritto allo studio – sostiene Matteo Crespi, 19 anni, di Fano - Preclude a tante persone la possibilità di fare quello che veramente desiderano, anche perché a Medicina 15mila posti per 60mila pretendenti sono davvero troppo pochi. O ampliano posti e sedi, oppure tolgono il numero chiuso, come è stato fatto in tanti paesi europei e com’era prima in Italia. La maggior parte di medici e sanitari presenti oggi negli ospedali non ha dovuto passare test di ingresso». 


Il dibattito


Per Letizia Caldari, 18 anni di Mondolfo, è difficile capire se una persona è veramente portata per una certa professione tramite un singolo test: «Lo si vede meglio nel corso dell’anno accademico». Per Alice Grossi, 19 anni, di Fano «chi viene per perdere tempo o ha sbagliato corso di laurea in genere non passa il primo anno. La selezione è naturale». Per questo Martina Dottori, 18 anni, di Senigallia, si augura che, come succede in altre facoltà, anche a Medicina e Professioni Sanitarie al posto dei test di ingresso mettano i Tolc, prove che non precludono l’accesso al corso di laurea, ma che danno ai candidati un’idea della propria preparazione. Invece, sul fatto che esista un punteggio minimo per essere inseriti in graduatoria, nessuno ha da ridire. «Nel momento in cui si fa il test, allora ci deve essere anche un punteggio minimo, altrimenti che senso ha» ragiona Letizia. Mentre per Matteo si tratta di un non problema: «Quelli che non sono arrivati a 20 non sarebbero mai entrati comunque, perché hanno almeno altri 15 mila candidati davanti a loro». Ciò che inquieta, semmai, è che così tanti siano andati così tanto male. «Io ho fatto entrambi i test e posso dire che quello di Medicina era molto più difficile rispetto a quello di Professioni Sanitarie». Il quale tutti sono d’accordo nel ritenere abbastanza semplice. «Chi veniva dal liceo scientifico poteva affrontarlo tranquillamente, anche senza una preparazione specifica» afferma Letizia. L’ecatombe di Medicina perciò non preoccupa. Anche perché, mentre quello era un test nazionale, quello di ieri era regionale, con i 1.230 presenti che concorrevano unicamente per gli 810 posti messi a disposizione dall’Univpm nelle sue varie sedi di Ancona, Ascoli, Fermo e Macerata. I timori dei ragazzi intervistati sono quindi principalmente legati alla loro mancata preparazione, legata fondamentalmente a due fattori. Per Martina e Letizia «il test è troppo vicino all’esame di maturità. Ci arrivi stanca e stressata». Per Matteo e Alice un ruolo importante lo ha invece assunto la pandemia: «Tre anni di Dad hanno lasciato aperte numerose lacune, soprattutto in materie come fisica, chimica e matematica, che richiedono esercitazioni in presenza».

 

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Corriere Adriatico