Il maltempo fa slittare l'arrivo della Geo Barents ad Ancona. La seconda nave Ong in porto tra mercoledì e giovedì. Il racconto choc di un migrante

Il maltempo fa slittare l'arrivo della Geo Barents ad Ancona. La seconda nave Ong in porto tra mercoledì e giovedì. Il racconto choc di un migrante
ANCONA-  A causa del maltempo, la Geo Barents - la seconda nave Ong con a bordo 73 migranti arriverà (nelle migliori delle ipotesi) solo domani sera...

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ANCONA-  A causa del maltempo, la Geo Barents - la seconda nave Ong con a bordo 73 migranti arriverà (nelle migliori delle ipotesi) solo domani sera ad Ancona. Non è escluso che l'arrivo slitti a giovedì mattina. Lo fa sapere Medici senza frontiere in seguito alle condizioni meteo delle ultime ore. 

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Il racconto choc di uno dei migranti 

ANCONA- Ochek, nome di fantasia, avrebbe preferito morire in mare piuttosto che essere catturato dalla guardia costiera libica per poi essere rimandato indietro. «In Libia la tortura ti segue dentro e fuori dal carcere o nelle stanze dove ti rinchiudono - spiega - Mi hanno legato le mani e bruciato con una sbarra di ferro ardente. Ho il petto pieno di cicatrici. Ci colpivano con il fucile o ci bruciavano il petto con metalli ardenti». Ochek è uno dei 73 sopravvissuti a bordo della Geo Barents di Medici senza frontiere che arriverà domani (11 gennaio) nella prima mattinata ad Ancona. Ha 21 anni ed è nato in Eritrea, Paese che ha lasciato a quattro anni per il Sudan. Dopo circa 13 anni lì, la decisione di partire per la Libia dove è stato rapito due volte per delle richieste di riscatto. È sempre riuscito a scappare dalle stanze sovraffollate in cui veniva rinchiuso e dove i trafficanti continuavano a portare gente, all'interno si trovavano altre «70/100 persone», racconta. «La mattina ci davano un pezzo di pane e c'era una tanica d'acqua desalinizzata, era amara. C'era un bagno e dormivamo su un fianco, uno attaccato all'altro per terra», racconta. Ochek ha visto persone morire davanti ai suoi occhi: «Di notte, ti puntavano una pistola alla testa, ti prendevano tutti i soldi e ti picchiavano - prosegue - Ci facevano mangiare pasta mischiata ai sonniferi e al mattino ti trovavi un morto accanto mentre quello dietro di te era stato torturato». Quando il ragazzo è stato rapito la seconda volta, altre persone che avevano già pagato il proprio riscatto hanno raccolto altri soldi per pagare anche lui. Quando si è imbarcato per lasciare la Libia racconta di aver preso un gommone, «ce lo hanno fatto mettere in mare». Prima, però, lui e altre persone sono state rinchiuse in una stanza senza poter parlare. Non potevano nemmeno muoversi. Poi li hanno messi in macchina e portati vicino alla riva. «Ci siamo affidati a Dio e siamo partiti», racconta. Fino a quando non hanno visto la guardia costiera libica e un uomo ha gridato avvisando della loro presenza. Ora Ochek si sente al sicuro sulla Geo Barents ma non è ancora sollevato perché si trova in mare e ha paura di tornare indietro: «Non vedo l'ora di raggiungere l'Italia e toccare terra per iniziare a dimenticare tutto quello che ho vissuto in Libia e in Africa»

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Corriere Adriatico