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CASTELPLANIO Se Abdulaziz Rajab e Kaoula El Haouzi avessero tempestivamente chiamato il 118, Maddalena non sarebbe morta. Secondo i giudici della Corte d’Appello i due imputati per il decesso di Maddalena Urbani - la figlia 21enne del medico eroe Carlo Urbani trovata priva di vita nell’abitazione di Rajab, sulla Cassia a Roma, il 27 marzo 2021 a causa di un’overdose di metadone - hanno agito «in maniera maldestra e superficiale».
Il dispositivo
E’ quanto si legge nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici della prima Corte di Assise d’Appello di Roma lo scorso luglio hanno diminuito la condanna per il pusher siriano Abdulaziz Rajab da 14 a 4 anni e mezzo. I giudici di secondo grado avevano riqualificato da omicidio volontario con dolo eventuale in omicidio colposo l’accusa per il siriano, mentre l’amica di Maddalena, Kaoula El Haouzi, che era in casa al momento del decesso, è stata condannata a 3 anni, rispetto ai 2 anni della sentenza di primo grado.
La leggerezza
Quanto all’amica di Maddalena, Kaoula, per i giudici «pur conoscendo le fragilità psicologiche dell’amica - digiuno prolungato di diversi giorni interrotto solo dall’assunzione di vino, gesti di autolesionismo - in una situazione ormai di evidente pericolo, appare più impegnata a chiarire un precedente contrasto con il fidanzato…piuttosto che a prendersi cura dell’amica». «La Corte di Assise di Appello ha riconosciuto in capo ad entrambi gli imputati il ruolo di garanti della vita della povera Maddalena Urbani. Se i due avessero chiamato i soccorsi tempestivamente, Maddalena sarebbe ancora viva», il commento dell’avvocato Giorgio Beni, legale della famiglia Urbani.
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