Loreto, Mattia Perini ucciso dal treno a 16 anni, la lettera del papà al pm: «Ora la verità, riaprite il caso di mio figlio»

Loreto, Mattia Perini ucciso dal treno a 16 anni, la lettera del papà al pm: «Ora la verità, riaprite il caso di mio figlio»
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LORETO - «Io non mi arrendo. Sono quattro anni che non chiudo occhio. Voglio sapere cosa è successo quel giorno a mio figlio e andrò avanti fino a che la procura non lo accerterà». Coraggio, tenacia e la volontà assoluta di cercare la verità. Giordano Perini è il papà di Mattia, il 16enne civitanovese travolto e ucciso da un treno di passaggio alla stazione di Loreto il 9 gennaio del 2020.

 

Sulla tragedia che ha strappato alla vita il giovane studente (era iscritto all’Einstein Nebbia di Loreto) la procura di Ancona ha aperto un fascicolo. E per due volte ha chiesto l’archiviazione. La famiglia del 16enne si è opposta in entrambe le occasioni, affidandosi all’avvocato Riccardo Leonardi.

In aula dal giudice

L’udienza per discutere della riapertura del caso è stata fissata per il 3 luglio. Sarà il gip, ancora una volta, a decidere sulle sorti dell’indagine, vagliando gli elementi a sostegno della procura e quelli prodotti dalla parte offesa. Intanto, però, il papà di Mattia ha scritto una lettera al pm che si è occupato del caso, lamentando presunte lacune investigative. «Abbiamo un testimone e la perizia di un ingegnere di parte. Elementi che non sono stati presi in considerazione. Tra le cose da approfondire c’è la presenza delle telecamere. Ci è stato detto che quel giorno e fin dal 2009 non erano funzionanti, quando a noi risulta invece altro».

La rabbia

Il dolore ma anche il rammarico sono di una vastità immensa. «Perché - Perini si rivolge nella lettera al pm - decide di chiudere il caso senza analizzare gli elementi per cui erano state riaperte le indagini?». E ancora: «Dopo quattro anni, ad oggi mi trovo ad aspettare altri 7 mesi solo per sapere se le indagini saranno riaperte o meno. Le chiedo se tutto questo ha un senso, sono un papà che in un attimo ha perso un figlio, senza poterlo aiutare, abbracciare, stargli vicino. Se lei avesse perso suo figlio, vorrebbe sapere la verità? Vorrebbe andare fino in fondo? Vorrebbe delle risposte chiare e precise? Vorrebbe giustizia per suo figlio? Mattia non merita questo, ha già pagato con la sua vita».

Al di là delle indagini, la lettura tocca il lato più intimo di chi ha vissuto un dolore inimmaginabile, come quello della perdita di un figlio. Una ferita che probabilmente non verrà mai rimarginata, ma con il dolore tenuto a distanza grazie solo alla ricerca della verità. Ancora, rivolto al pubblico ministero: «Provi solo un attimo ad immaginare lo strazio di un genitore, provi a distaccarsi dal suo ruolo, la verità è tutta scritta, basta soltanto leggere i documenti e le testimonianze che ha in mano».

I motivi

Per la procura, e di qui la doppia richiesta di archiviazione, Mattia - giovane promessa del calcio - morì mentre stava attraversando i binari. Non si accorse dell’arrivo di un Frecciargento Taranto-Milano. Aveva le cuffiette alle orecchie, a nulla erano valse le grida degli amici e il segnale acustico del macchinista.

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Corriere Adriatico