FABRIANO - Riparte la produzione alla Jp Industries. Per ora, l’attività durerà un paio di mesi, ma l’azione è finalizzata a proseguire sulla...
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Buone nuove sono giunte sotto questo profilo, considerato che i reparti torneranno in funzione l’1 ottobre e l’attività si protrarrà fino al 27 novembre. La mancata risoluzione delle problematiche con tutti i fornitori costringerà a lavorare a singhiozzo (nei due stabilimenti fabrianesi di Santa Maria e del Maragone saranno impegnati circa 120 operai, sugli oltre 300 complessivi), ma il riavvio dell’attività significa che si sta imboccando la strada ipotizzata con la richiesta del concordato con riserva. In questo arco di tempo, i due impianti di Fabriano e il sito umbro di Gaifana (anche qui il numero delle maestranze sarà ridotto) dovranno produrre 20.000 pezzi tra lavatrici e frigoriferi. In regime di concordato, si riparte da zero, si evita la creazione di debiti e i pagamenti devono essere sempre puntuali.
Si guarda avanti, perché le questioni del nuovo progetto e degli ammortizzatori sociali sono tanto rilevanti quanto spinose. «Occorre un piano di ristrutturazione concordatario che salvi tutti i livelli occupazionali – fanno sapere fonti sindacali – e, nel contempo, si devono mettere in campo nuovi ammortizzatori sociali che possano accompagnare l’intero progetto a sostegno dei lavoratori, che stanno sopportando grandi sacrifici». In effetti, ormai da diverse settimane, l’attenzione è rivolta pure alla cassa integrazione straordinaria, che per i dipendenti della Jp Industries terminerà a fine anno. Riguardo al piano di ristrutturazione, invece, il giudice fallimentare, nel momento in cui aveva consentito l’accesso al concordato in bianco, aveva stabilito che dovrà essere presentato entro il 29 novembre, con una possibile estensione di 60 giorni. Martedì prossimo, proprio in concomitanza con la ripresa dell’attività, Fim, Fiom e Uilm terranno un’assemblea con le maestranze per informarle dell’esito del vertice di ieri sera. La vertenza Jp Industries, che si sta trascinando da anni, interessa circa 650 lavoratori (metà dei due stabilimenti fabrianesi, l’altra metà dell’impianto umbro di Gaifana) e le loro famiglie. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico