JESI - È una banda di almeno quattro persone, forse italiane, ad aver agito nel tardo pomeriggio di lunedì razziando l’appartamento al civico 16 di via Fausto...
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Avevano già segato la cassaforte con un frullino elettrico e preso i gioielli. Sono scappati dal balcone, ma si sono imbattuti in un coraggioso inquilino del piano di sopra. «Direi piuttosto incosciente - racconta l’uomo (U.C.), 60enne
-. Ho sentito urlare, la porta dell’appartamento era chiusa e ho pensato che il ladro sarebbe scappato dal balcone. Gli sono andato incontro e me lo sono trovato di fronte: era a volto scoperto, un uomo giovane, piuttosto basso, barba folta rossiccia come i capelli, aveva i guanti. Mi ha intimato di allontanarmi dandomi insultandomi, mi sono incavolato e gli ho risposto che era lui a essere venuto in casa a rubare! E l’ho inseguito per strada. Poi è arrivato l’altro, una montagna».
Alto quasi 2 metri, volto travisato da sciarpa e cappuccio della felpa, con un bastone con un uncino all’estremità. A quel punto, con la minaccia del gancio di ferro, l’inquilino s’è allontanato. «Ho capito che potevo rischiare la pelle perché il secondo brandiva il bastone di ferro – dice ancora – ho preferito scappare, avevamo già allertato il 112 e i Carabinieri sono stati velocissimi a intervenire. Ho visto i banditi salire su un’Audi A3 grigia dove c’erano ad aspettarli altri due uomini, di cui uno mi sembrava più attempato, sono fuggiti in direzione di via Roma, verso la Fornace».
E a chi lo ha definito eroe, lui ribatte: «Sono intervenuto perché in quel momento, senza ragionarci su, mi sembrava la cosa giusta da fare, ma a mente fredda non ne sarei poi così sicuro. Potevano essere armati e poteva finire male». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico