JESI - «Vili assassini. Da condannare e combattere, come tanti nostri fratelli e cugini stanno facendo in patria, nei nostri Paesi d’origine». Nella sala del...
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Forse già la prossima settimana l’Al Huda e la comunità musulmana preparano una manifestazione pubblica, «contro tutti i terrorismi e qualsiasi forma di violenza» spiega Wahbi Youssef, coordinatore del Centro. «Una manifestazione aperta a tutti, per la pace - dice Youssef - una presa di posizione. Dopo i fatti di Barcellona, abbiamo pensato che il sermone del venerdì doveva parlarne. E di lanciare un messaggio chiaro e in lingua italiana». E in effetti, iniziale richiamo alla preghiera a parte, è in italiano tutto il sermone che l’imam rivolge all’adunata. D’altro canto la lingua del Paese che li ha accolti è quella che permette a una comunità di fedeli eterogenea, e che viene da Marocco, Tunisia, Algeria, Bangladesh, Pakistan, Albania, Macedonia, Senegal, Congo, Siria, Giordania, di comunicare e capirsi.
«Il sermone avrebbe dovuto trattare del tema del pellegrinaggio, che tra pochi giorni porterà migliaia di fedeli a Mecca - dice l’imam - poi abbiamo deciso di cambiare, davanti ai fatti tragici che sono accaduti. Assassinii che non ci rappresentano e che non possiamo accettare siano associati all’Islam». Non c’è solo la condanna. C’è pure l’invito. «Condannare e combattere - dice l’imam - chi, come Isis, il 95% delle sue vittime ad esempio in Siria l’ha fatto proprio fra i musulmani. La manovalanza che compie questi atti porta i nostri nomi ma chi ne beneficia? Gli effetti sono stati uccidere le primavere arabe che cercavano democrazia e riabilitare tutti i peggiori dittatori che abbiamo avuto nei nostri Paesi d’origine. Noi siamo vittime». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico