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FALCONARA - «Ci sono persone che hanno preso la residenza negli edifici abbandonati e cadenti dell’ex Montedison, con tanto di panni stesi sui fili come se fossero loro proprietà!». Torna un tema che in realtà non si è mai risolto né sopito: all’interno di quello che fino al 1988, e per quasi 60 anni, è stato uno stabilimento di fertilizzanti chimici e che da lungo tempo attende una bonifica radicale, è segnalata la presenza di diverse persone e anche di famiglie, di etnie diverse, che vivono nell’ ex Montedison.
La questione è al centro delle polemiche. «Tutti sanno che lì dentro – affermano diversi cittadini di Falconara e di Montemarciano ma anche automobilisti che in quel tratto di strada statale transitano quotidianamente – bivacca parecchia gente. E’ una vergogna che nessuno si preoccupi di ridare alla zona un minimo di decoro urbano ma anche di cercare di assistere persone che probabilmente hanno bisogno di essere aiutate». La questione non è nuova e spesso le forze dell’ordine ed anche gli agenti della polizia municipale sono intervenuti per risolverla: dopo poco tempo, però, l’ex Montedison è tornata ad essere l’alloggio di molti disperati e di alcuni balordi.
Raimondo Baia, assessore alla polizia municipale di Falconara, ribadisce che il problema esiste e che diverse volte gli agenti sono intervenuti anche in stretta collaborazione con i carabinieri. «Periodicamente – dice Baia – vengono segnalati bivacchi di persone all’interno dell’ex Montedison».
Anche Damiano Bartozzi, sindaco di Montemarciano, è al corrente del problema. «Mi accorgo anche personalmente di questi disperati che chiedono l’elemosina ai semafori di Marina. Speriamo sempre di risolvere presto la situazione dell’area e per questo lavoriamo in stretta collaborazione con l’assessore Clemente Rossi del comune falconarese».
La fabbrica era un raro caso di archeologia industriale dei primi anni del ‘900 con annesse case per lavoratori: avrebbe dovuto essere recuperata e riutilizzata e non abbandonata al degrado.
«Dovremo preoccuparci soprattutto delle condizioni di vita miserevoli e di pesante degrado in cui sono costretti a vivere questi poveri disperati, che si cercano rifugio in ricoveri fatiscenti, su un terreno impregnato di veleni, senza alcun tipo di servizio minimo essenziale. La preoccupazione in generale mi sembra che sia cancellare l’esistenza di queste famiglie e persone. Dovremo capire che se accettano di vivere in un inferno come quello sono davvero disperati».
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Corriere Adriatico