CUPRAMONTANA C’è un bambino a terra in cucina, non respira. I soccorritori tentano in tutti i modi di far ripartire il cuoricino ma non ce la fanno. Il piccolo...
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Arrivano gli specialisti della Scientifica. Attendono il pm di turno, il sostituto procuratore Valentina Bavai, e puntano dritti all’auto di famiglia, la Toyota Yaris parcheggiata in una stradina laterale, via Bartolini. Trovano tracce di sangue nell’abitacolo. Poi entrano in casa, a raccogliere altri indizi per avere le prove che si tratti davvero di un raggelante omicidio. Gli investigatori cercano di capire cosa davvero possa essere accaduto nelle ultime ore di vita del piccolo. Se davvero, come si ipotizza, il padre abbia ucciso il bimbo nell’auto, strangolandolo, e poi lo abbia portato ormai esanime dentro l’appartamento dov’erano presenti altri familiari. Mentre i militari della Scientifica scattano foto e cercano tracce, il pm in caserma mette sotto torchio il padre. Domande serrate per tentare di ricostruire un delitto maturato nella palazzina di tre piani abitata da tutte famiglie macedoni. Al primo piano la famiglia del bimbo morto, al piano di sopra i nonni. I vicini di casa dicono di non conoscerli troppo bene. Non si direbbe un modello d’integrazione. Non fanno vita di paese, li vedono frequentarsi tra loro per far giocare i bimbi. L’infanticidio avrebbe avuto come scenario questo microcosmo un po’ chiuso in se stesso, e una famiglia costruita dal macedone di 24 anni e dalla moglie, anche lei giovane. Due figli piccoli e in attesa del terzo. Lui non lavora e deve convivere con problemi psichici. Forse un lampo di follia ha fatto affondare le dita del papà sul collo del bimbo. Ma per ora sono ipotesi, servono conferme. Poco dopo le 22 la salma del piccolo viene rimossa sotto gli occhi di una piccola folla di curiosi e del sindaco di Cupramontana Luigi Cerioni. «Sono addolorato, sconcertato per questo grave fatto che turba tutta la comunità», dice con la voce rotta dalla commozione. « Non conosco più di tanto questa famiglia, qui a Cupramontana non abbiamo problemi d’integrazione». La scena passa dalla palazzina alla caserma, dove il padre sospettato di avere ucciso il figlio viene incalzato dalle domande degli inquirenti. Per lui sarà lunga la notte che ha spezzato la vita del suo bambino di cinque anni. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico