Crac Banca Marche, Lanari si sfoga: «Fermo da 3 anni, sono una vittima»

Pietro Lanari
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ANCONA «Banca Marche finanziava tutte le società del nostro gruppo. I progetti sono andati avanti fino a che non sono stati interrotti i finanziamenti. A un certo punto, ci è stato detto: “dovete trovarvi un’altra banca”. Con i cantieri aperti e il fiato sul collo, è venuta spontanea una domanda: perché allora ci avete dato i soldi?». È il quesito che si è posto in udienza ieri pomeriggio l’imprenditore anconetano Pietro Lanari, uno dei massimi debitori dell’istituto dichiarato formalmente fallito nel marzo 2016.


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Lanari è salito sul banco dei testimoni per rendere conto dei legami con la direzione di Banca Marche e le linee di credito aperte per finanziare gli ambiziosi progetti immobiliari del gruppo di imprese riconducibili all’imprenditore. Tra queste, sono state citate La Fortezza, La Città Ideale, Zeus e Immobiliare Elle. Società che avevano in mano la gestione di cantieri come quelli dell’ex Sacelit di Senigallia e dell’ex Santa Cristiana di Marcelli. Due progetti che sono rimasti incompiuti a causa del fallimento delle società dell’imprenditore, inizialmente indagato nell’ambito del maxi default dell’istituto di credito e archiviato prima dell’udienza preliminare. Fuori dall’aula, ha rivelato: «Ancora, alcune procedure fallimentari sono in corso e fino a che non terminano non posso tornare a lavorare. Sono fermo da almeno tre anni. Io sono una vittima: prima ci hanno dato i soldi e poi all’improvviso non abbiamo avuto più nulla». 
«Fino al 2012 – ha detto Lanari in aula rispondendo alle domande dei pm – le aziende del gruppo hanno avuto finanziamenti complessivi da Banca Marche per circa 250 milioni di euro». C’erano rapporti anche con altre banche, come «Tercas, Monte dei Paschi di Siena, la Banca Popolare di Ancona», ma dal 2007 è «Banca Marche che è prevalsa sugli altri istituti». A cavallo tra l’era dell’ex dg Bianconi e quella di Luciano Goffi sono emerse criticità per l’erogazione del credito. «A un certo punto – ha ricordato il costruttore – ci è stato detto che Bankitalia aveva segnalato un’esposizione elevata nel campo immobiliare». Le condizioni: «O vendere, che voleva dire andare incontro a perdite enormi, oppure rivolgersi a un’altra banca». L’imprenditore ha poi spiegato che la banca, attraverso periti, verificava continuamente lo stato dei cantieri. E quando una società del gruppo chiudeva l’anno in perdita «venivo chiamato dalla banca per darne conto». 
L’acquisto dei crediti

L’avvocato Corrado Canafoglia, che assiste quasi la totalità delle parti civili, ha fatto emergere un particolare: nel 2014 (era Goffi) una società lussemburghese avrebbe voluto acquistare i crediti deteriorati di Lanari per 75 milioni di euro. L’operazione non era andata a buon fine. «Quei soldi – ha detto il legale – avrebbero potuto far ripartire la banca». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico