Andrea Paladini dall'ospedale: «Pensavo fosse il Covid, ma era il monossido: ora giustizia per la morte di mio padre»

Il dj anconetano Andrea Paladini, scampato alla morte
ANCONA - «Pensavamo di avere il Covid, invece era il monossido che ci stava uccidendo». Della tragedia rimangono pochi flash nella mente di Andrea Paladini. ...

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ANCONA - «Pensavamo di avere il Covid, invece era il monossido che ci stava uccidendo». Della tragedia rimangono pochi flash nella mente di Andrea Paladini.

 

Ora che si è risvegliato e i medici gli hanno detto che lui e la mamma Lucia sono fuori pericolo, restano l’atroce dolore per la morte del padre Giorgio, avvelenato dalla caldaia killer sequestrata dalla polizia, e i ricordi confusi dei momenti precedenti al sonno fatale in cui la famiglia del deejay anconetano è sprofondata venerdì, nell’appartamento di via Cupramontana trasformato in una camera a gas. «Ricordo solo di essere andato in camera dopo pranzo a fare un pisolino perché già non stavo bene: mi sono risvegliato al pronto soccorso», racconta il 49enne scampato alla morte grazie al provvidenziale intervento dello zio Giorgio Sacchettoni che, sceso dal piano di sopra, ha rianimato lui e la signora Lucia. 


«Dobbiamo la vita a zio, alla mia amica Erika Barbacelli che si è allertata da Roma e al mio socio Massimo Bazzano che è venuto a trovarci la sera e ha fatto il miracolo: a tutti loro dobbiamo la vita», ci racconta Andrea via Whatsapp - l’intossicazione non gli consente ancora di parlare - dall’ospedale di Torrette, dov’è ricoverato in osservazione. «Io e mia madre non ci sentivamo bene da un paio di giorni, avevamo sintomi come febbre e mal di testa simili al Covid: infatti avevamo allertato il nostro medico curante pensando che fosse il virus ed eravamo in attesa di fare il tampone». Nessuno poteva immaginare che la colpa di quel malessere - la sera prima della tragedia la mamma Lucia era svenuta - fosse in realtà della caldaia in cucina. «Sentivamo da giorni un odore strano, pensavamo provenisse dall’esterno, così abbiamo chiamato un tecnico del gas che ha rilevato una perdita interna - spiega il dj -. Ha chiuso tutto e ci ha invitati a contattare il tecnico della caldaia. Così abbiamo fatto».

 

Giovedì un giovane addetto di una ditta specializzata anconetana è intervenuto per verificare il problema. «Ha fatto un controllo con uno strumento e ha detto che era tutto a posto, anzi ci ha invitato la prossima volta a chiamare direttamente la sua ditta. Mezz’ora dopo è ritornato perché non funzionava l’acqua calda». Ma il vero guaio, secondo la Squadra Mobile che indaga con la Scientifica, era il tubo di scarico che si era sganciato dalla caldaia: da lì si sarebbe sprigionato il gas letale, ma nessuno, nemmeno il tecnico intervenuto per la riparazione, se ne sarebbe accorto.

«Ora ci auguriamo che si stabilisca la verità e che si faccia giustizia per mio padre» continua “Pala”. Il cugino, l’avvocato Piergiorgio Sacchettoni, sta preparando un esposto da depositare alla Procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, per ora senza indagati. «Papà era l’uomo più disponibile e moderno del mondo, si rideva sempre con lui. Ho avuto la fortuna di essere suo figlio, era un padre e un marito impeccabile. Io e mamma siamo distrutti. Sin da quando mi sono risvegliato ho capito che lui non era sopravvissuto, ci sono arrivato da solo. Ora - conclude il dj - voglio solo rivolgere un immenso grazie a tutti quanti ci sono vicini. Vi ho nel cuore».

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Corriere Adriatico