ANCONA - Il coronavirus mette piede a palazzo. Nell’arco di una giornata, emergono i casi comprovati di contagio di un consigliere regionale della Lega e di un alto...
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Ora, il Covid-19 è arrivato davvero tra i banchi consiliari. Non un falso allarme come quello del 3 marzo – data dell’ultima seduta a palazzo Leopardi prima dello stop –, quando l’Aula si gelò di fronte al sospetto di un caso di contagio sempre ai danni di un consigliere, mandato subito a casa per sicurezza poiché accusava sintomi di tipo influenzale. In quell’occasione, il tampone diede esito negativo e chi era presente a quella seduta tirò un sospiro di sollievo. Adesso, però, il problema si ripropone poiché il consigliere risultato positivo era allora presente. Per arginare questo tipo di situazioni, sia la Giunta che il Consiglio hanno adottato misure straordinarie, cercando di mettere, per quanto possibile, la macchina regionale al riparo dal virus al fine di mantenerla pienamente operativa per l’emergenza. A palazzo Raffaello, per esempio, è stato dato il via alla modalità dello smart working per i dipendenti della giunta e, ad oggi, sono arrivate circa 700 domande su un totale di oltre 2000 dipendenti (1938 addetti ai servizi ed un centinaio alle segreterie politiche ed alle attività della giunta), ma il numero è destinato a crescere. Incentivato anche l’utilizzo delle ferie e dei permessi per restare a casa, mentre per alcuni è inevitabile lavorare in sede per garantire i servizi essenziali e non paralizzare la macchina: un esempio su tutti, il personale della Protezione civile. Bloccate anche tutte le attività dell’assemblea legislativa – compresa la seduta del 10 marzo, rinviata a data da destinarsi – e delle commissioni, come stabilito martedì nella seduta dell’Ufficio di presidenza, convocata dal presidente Antonio Mastrovincenzo in videoconferenza: per la prima volta nella storia del Consiglio regionale, è stato attivato lo smart working, mentre le commissioni torneranno a riunirsi, ma esclusivamente con la formula della web conference. Contemporaneamente, sono state accolte le raccomandazioni, rivolte anche ai datori di lavoro pubblici, di far fruire ai dipendenti di un periodo di congedo ordinario. Dunque strutture ancora aperte, ma ridotta al massimo la presenza dei dipendenti, attivando soltanto il personale necessario per esigenze indifferibili. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico