ANCONA - Sono richiestissimi, introvabili. E costano un occhio della testa. I guanti monouso sono il nuovo oro nell’era della pandemia. Ma l’Italia rischia di restare...
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«Tutti i Paesi colpiti dalla pandemia richiedono un uso massivo di guanti monouso - spiega Stefano Marconi, presidente dell’Anconitana e fondatore della Rays, leader nella commercializzazione di prodotti nel settore della salute e dell’igiene - i produttori sono concentrati in Malesia, Indonesia, Thailandia e Vietnam, destinano le produzioni a clienti più ricchi e potenti di Stati Uniti, Giappone e Inghilterra, mentre l’Italia e altri Paesi europei vengono considerati di secondaria rilevanza economica perché prediligono la qualità. Ma si rischia il collasso del sistema sanitario se, come prevedo, verranno a mancare i guanti negli ospedali, gli unici a garantire all’operatore e al paziente la massima sicurezza».
In Europa i guanti monouso non si producono perché richiedono procedimenti chimici altamente inquinanti, dunque è impossibile anche riconvertire le nostre aziende, com’è accaduto per le mascherine, per l’impossibilità di reperire materie prime come lattice e nitrile: si importano e basta, circa 7 miliardi all’anno in tempi normali. Ci pensano una decina di aziende italiane, tra cui la Rays di Osimo Stazione. Ma con il decreto “Cura Italia” è diventato tutto più complicato: il commissario Arcuri può procedere a requisizioni di Dpi per rifornire Protezione civile e ospedali.
«Le società che subiscono la requisizione verranno indennizzate a valori del 31 dicembre 2019 - spiega Marconi -. Ma a quella data i prezzi erano del 60% più bassi». Oggi, invece, sono arrivati alle stelle. «I produttori chiedono il pagamento del 100% all’ordine, ma la merce arriva dopo tre mesi: mediamente, il margine dell’operatore è sempre lo stesso perché al costo del guanto vanno sommati quelli per il nolo del container, lo sdoganamento, i trasporti, quelli logistici, di spedizione e per il personale. Ci sono stati aumenti del 150%, così il prezzo al consumatore ha raggiunto cifre impensabili. L’unica soluzione - sostiene Marconi - è promuovere una campagna di sensibilizzazione per l’uso consapevole dei guanti. Introdurre un prezzo calmierato, invece, potrebbe portare alla totale assenza di guanti, visto che non esistono impianti produttivi in Europa».
E non va dimenticata una cosa: i guanti non garantiscono una difesa assoluta dal contagio. «Danno una sensazione di sicurezza, ma non è consigliabile indossarli in pubblico, specie durante lo shopping, perché se diventano permeabili i batteri trovano condizioni ideali per moltiplicarsi e il loro uso fa dimenticare che l’unica misura davvero utile è il lavaggio accurato delle mani con detergenti alla clorexidina per 40-50 secondi». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico