Take-away scialuppa nel mare della crisi. Ascoltato l’appello del ristoratore Michele Ercole. Ceriscioli consente il servizio del cibo da asporto

Michele Ercole in completo bianco al tavolo con amici
​SENIGALLIA  - Ascoltato l’appello al governatore Ceriscioli dei ristoratori senigalliesi: fateci lavorare con il take away. Lui acconsente. Promotore della...

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​SENIGALLIA  - Ascoltato l’appello al governatore Ceriscioli dei ristoratori senigalliesi: fateci lavorare con il take away. Lui acconsente. Promotore della richiesta, a nome dei suoi colleghi, è stato Michele Ercole, decano dei ristoratori che è stato anche il primo firmatario della lettera inviata al sindaco Mangialardi da parte di 108 attività. «Questa volta ci rivolgiamo al governatore Ceriscioli – aveva detto Ercole –, perché in Comune ci hanno detto che loro non possono autorizzare modalità diverse da quelle stabilite dal governo. Chiediamo allora che sia la Regione a venirci incontro». Detto fatto. «Si tratta della possibilità di fare ordinare i clienti da casa e fargli ritirare il pranzo o la cena già pronti e impacchettati. Se la gente può uscire a fare la spesa non vedo perché non possa venire a prendere il pasto da asporto da noi. Senza nemmeno farli uscire dalla macchina potremmo portarglielo direttamente al finestrino».


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 La Regione è sulla stessa linea. Del resto per i ristoratori l’unica possibilità era la consegna a casa. «Ma per noi ha costi eccessivi e chi lo fa ci rimette. Intanto perché più di tante consegne non si possono fare nell’arco di tempo richiesto, poi bisogna pagare una persona per portare a casa il pasto ordinato e c’è pure tutto l’aspetto burocratico delle certificazioni da compilare per la consegna ad ogni singolo cliente». Il take away permette di far lavorare di nuovo i ristoranti. «Noi stiamo accumulando debiti e non vediamo l’orizzonte perché non sappiamo nemmeno quando potremo riaprire e quando accadrà con quali modalità. Inizialmente si trattava di qualche settimana e abbiamo pazientato ma adesso si parla di mesi e abbiamo bisogno di lavorare. Inoltre c’è gente che nemmeno cucina, la maggior parte dei miei clienti quotidiani a casa non lo fa». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico