ANCONA - Suona la sirena di fine turno, gli operai sbucano dal cantiere alla spicciolata. È mezzogiorno. Sguardo a terra, mascherine sulla bocca, cappuccio in testa per...
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Dalla prossima settimana arriverà il termoscanner fisso per velocizzare le procedure perché la preoccupazione è una: evitare contagi. «Lavoriamo con il terrore di prendere il virus e portarlo a casa» confessa Massimiliano Anastasi, delegato della Fiom che ieri ha organizzato un presidio davanti a Fincantieri, tornata operativa dopo due mesi di quarantena. «La cassa integrazione era prevista fino al 3 maggio, ma la Direzione ha voluto forzare la riapertura e questo ha creato malumore tra i dipendenti». Erano circa 350 quelli chiamati all’appello ieri, spalmati su tre turni, a partire dalle 6 del mattino, per la ripartenza dell’officina navale, dove arrivano le lamiere per essere tagliate e calandrate. «Il problema non è adesso, ma tra qualche giorno: quando si tornerà a lavorare a pieno organico come rispetteremo la distanza e le misure di sicurezza?».
La Fincantieri è una città nella città che convoglia fino a 3.500 persone tra dipendenti ed esterni. Prima del lockdown si era diffuso il panico, insieme al Coronavirus, quando si sono verificati due casi positivi: tra loro, il responsabile della sicurezza interna, tutt’ora all’ospedale (ma fuori pericolo). Anche per questo i sindacati hanno chiesto test sierologici su tutto il personale. Per ora si va avanti con mascherine e termoscanner impugnati dagli operatori delle ditte Insis e Consorzio Manutenzione Triveneto che distribuiscono anche mascherine all’occorrenza. «Nella mensa abbiamo distanziato e ridotto i tavoli, ma sarà difficile impedire che si formino file - ci spiega un capoprodotto -. Vale lo stesso per il traffico: ora non c’è nessuno, ma tra qualche giorno non sarà così. Procediamo per step, la situazione è nuova per tutti. Certo, la psicosi di ammalarsi c’è: tutti abbiamo anziani e bambini che ci aspettano». E c’è da portare a casa uno stipendio. «Un mese di cassa integrazione pesa sul bilancio familiare: ho due figli da mantenere, un mutuo e le bollette - dice Marco La Fata, delegato Rsu Fiom -. In più lavoriamo un ambiente particolare: basta un caso positivo per diventare una bomba biologica».
Tiziano Beldomenico, segretario regionale Fiom Cgil: «Ribadiamo la nostra contrarietà alla riapertura di un cantiere che fa navi da crociera e, dunque, non è un’attività essenziale: l’azienda ha voluto fare una forzatura al decreto - spiega -. È stato da incoscienti riaprire adesso, dopo aver chiesto la Cig a zero ore per tutti i dipendenti e averci comunicato venerdì la decisione unilaterale di tornare al lavoro. Si sottovalutano i rischi del cantiere e la paura dei lavoratori: uno stamattina (ieri, ndr) non si è sentito sicuro e dopo due ore se n’è andato. È in questo clima che si lavora». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico