CASTELFIDARDO - L’arrivo del marocchino in ambulanza, il contegno dei parenti delle vittime in aula, la richiesta delle difese di un rinvio insieme al disaccordo...
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Per Marouane Farah, 34 anni, ieri mattina si è aperto il processo per direttissima davanti ai giudici del collegio. Seduti, in fondo all’aula, quasi tutti i parenti di Carotti e Del Vicario - morti a 47 e 40 anni nel tragico incidente stradale avvenuto sull’Adriatica a Porto Recanati nella notte tra il 2 e il 3 marzo scorsi - che si sono costituiti parte civile.
A poca distanza da loro, in piedi, c’era anche la moglie di Farah insieme al suo legale. Pochi minuti prima dell’inizio del processo a saltare all’occhio in un’aula particolarmente affollata, sono stati il silenzio dignitoso dei familiari delle vittime e il malcelato disappunto della coniuge dell’imputato, espressione dei due volti di una stessa tragedia. La donna più volte è stata invitata sia dal suo legale che poi dal legale del marito ad abbassare la voce.
Alle 9.30 Farah è stato portato in aula su una sedia a rotelle dai sanitari della Croce Gialla fiancheggiati dagli agenti della polizia penitenziaria. È accusato di duplice omicidio stradale e duplici lesioni gravissime aggravati dalla guida contromano, con assicurazione e patente scadute, da colpa cosciente, guida sotto effetto di alcol (tasso alcolemico 1,71 g/l) e droga (Thc 6,5 ng/mg). In otto si sono costituiti parte civile: i genitori, la sorella e la nonna di Elisa e il padre di Gianluca con l’avvocato Giuliano Natalucci – sono stati chiesti come risarcimento 500mila euro a familiare –, la mamma di Gianluca è parte civile con l’avvocato Francesco Linguiti e altri due familiari sono tutelati dall’avvocato Silvio Verri. Subito dopo l’avvocato Vando Scheggia, ha richiesto «un congruo termine a difesa per valutare scelte eventualmente diverse dall’ordinario. Siamo stati avvertiti del processo venerdì, è stato dichiarato dal procuratore che è un reato gravissimo, una vicenda che ha destato allarme, e a tutto questo deve corrispondere la possibilità che si celebri un giusto processo. C’era tutto il tempo per fare un processo normale, si è voluto scegliere di farlo per via direttissima». «Noi – ha poi aggiunto Scheggia – vorremmo avere anche il tempo di discutere con la procura per un eventuale patteggiamento allargato a cinque anni». La risposta, è arrivata immediata dal pm d’udienza, Claudio Rastrelli: «Nessuna intenzione di dare il consenso alla richiesta di patteggiamento». Alcuni dei parenti hanno applaudito. Con l’abbreviato Farah potrebbe essere condannato a una pena più che doppia rispetto a un patteggiamento. I giudici hanno rinviato l’udienza all’8 aprile.
«Staremo attenti a che emerga esattamente quello che gli atti in maniera inconfutabile dicono - ha commentato l’avvocato Giuliano Natalucci, amico da anni delle vittime -. Ci aspettiamo una sentenza che tenga conto della gravità del fatto». Natalucci era presente, in un’altra auto, al momento del tragico impatto. Era stato lui a tenere la mano di Elisa prima che il suo cuore smettesse di battere. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico