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ANCONA - ll settore dell’edilizia sempre più strozzato dai rincari sulle materie prime. Cantieri al palo e imprese a rischio fallimento. Uno scenario apocalittico aggravato dalla difficoltà (quasi impossibilità) di accedere alla cessione del credito alle banche legato al Superbonus 110%. In pratica le aziende si trovano con il cassetto fiscale pieno di crediti, ma senza liquidità e con impatti gravissimi. Una congiuntura disastrosa che costringe molte imprese a fermare i cantieri in attesa che il governo nazionale vari il Decreto aiuti bis.
Stop ai cantieri
Il bitume per fare il catrame è cresciuto da 350 euro a tonnellata a 650, l’acciaio da 50 centesimi al chilo è salito a 1,30 euro, i legnami da 400 euro a metro cubo svettano a 1.300 euro. I materiali plastici, come a esempio i tubi, sono aumentati del 30%. Per non parlare dell’energia, fondamentale nei cantieri stradali perché serve per comporre il conglomerato bituminoso. Le imprese di costruzioni attualmente pagano l’energia elettrica 70 centesimi al chilowatt, mentre prima era quotata 20 centesimi.
Consegne in ritardo
L’altro problema che affligge il settore è il reperimento dei materiali. «Abbiamo ordinato gli infissi otto mesi fa» racconta Andrea Morbidelli, responsabile del settore commerciale e lavori pubblici per l’impresa di famiglia Graziano Belogi Srl che, tra gli incarichi, ha in attivo diverso cantieri nel cratere del sisma. «Purtroppo non si sa quando potranno consegnarci i materiali - spiega l’imprenditore - di conseguenza non sappiamo nemmeno noi quando potremo dare le case a chi abita ancora nei moduli».
Aziende a rischio
«Il settore edile viene da 15 anni di crisi - spiega Cesare Davanzali costruttore e presidente della Cassa edile di Ancona - dove le imprese si erano addirittura destrutturate. Poi l’accelerata improvvisa col Superbonus 110%». Quindi la corsa ad accaparrarsi i lavori, e con una concentrazione della domanda in uno stesso periodo anche i prezzi delle materie prime sono saliti. Insieme a tutto ciò, la guerra in Ucraina e tutto quello che ne è conseguito. «Se non si risolve la questione della gestione del credito - prosegue Davanzali - corriamo il rischio del blocco totale da parte delle banche. Dunque ci troviamo con le nostre imprese che hanno crediti di imposta in pancia, e se non riescono a cederli alla banca si va inevitabilmente verso il fallimento».
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Corriere Adriatico