Il terrore del votaccio fa studiare o umilia?

Il terrore del votaccio fa studiare o umilia?
Non per dare pagelle agli insegnanti, ma soltanto per capire: che senso ha affibbiare un 2 (se questo era il voto) a uno studente adolescente? Può produrre un risultato...

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Non per dare pagelle agli insegnanti, ma soltanto per capire: che senso ha affibbiare un 2 (se questo era il voto) a uno studente adolescente? Può produrre un risultato diverso e costruttivo, che magari a noi sfugge, se non quello di far sentire l’alunno qualcosa di molto vicino allo zero? E la paura di un pessimo voto può aiutare a crescere, spingendo a studiare di più, o è come motivare un centometrista facendolo inseguire da un rottweiler, con il rischio che le gambe non si muovano più, rattrappite dallo spavento?

E una stangata così radicale, un 2 in matematica (che facendo media rende impervio anche un recupero) non assomiglia al taglio di un tosaerba, che falcia ogni slancio di crescita, piuttosto che alla cura di un giardiniere che con passione cerca di far crescere i suoi germogli? Domande che valgono per gli studenti di quell’età, che a ogni prova non superata (figurarsi una stroncatura del genere), rischiano di sentirsi dei falliti, non a caso lo stato d’animo che il liceale di Ancona avrebbe confessato sulla pagina di un quaderno, prima di volare giù dalla finestra.

Domande che valgono soprattutto per la generazione Dad, quella cresciuta a lungo con le lezioni a distanza, più fragile di altre per quel tempo di vita sospesa. Affinché non si debba dire più: o un bel voto o la vita

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Corriere Adriatico