CUPRAMONTANA - Una perizia super partes per scandagliare la mente del papà killer e capire se il giorno della tragedia, quello in cui ha portato verso la morte il...
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L’uomo, ex operaio per cui il pm Valentina Bavai ha chiesto il giudizio immediato, era già stato al centro di una perizia, voluta dal difensore Raffaele Sebastianelli poche settimane dopo quel drammatico 4 gennaio, quando il buio è piombato nella tranquilla cittadina di Cupramontana. A stilare una consulenza di parte, già depositata dal legale nell’ufficio del gup, era stato lo psichiatra Massimo Melchiorre. Il dottore avrebbe rilevato un totale vizio di mente nel 26enne macedone che, pochi mesi prima dell’omicidio, aveva perso il lavoro sprofondando nel baratro della depressione. Un fatto che lo aveva spinto a seguire, non in maniera continuativa, i professionisti del Dipartimento di Salute Mentale dell’ospedale di Jesi.
Lo stesso Besart aveva detto al giudice, durante l’interrogatorio di garanzia, di aver avuto diverse problematiche dopo la perdita dell’occupazione da operaio e che una forza sovrannaturale lo aveva spinto a uccide il figlioletto sul sedile posteriore della sua auto, una Yaris verde parcheggiata proprio di fronte la palazzina dove abita la famiglia Imeri. Il giudice ha scelto come ctu la psichiatra Francesca Bozzi, autrice di una relazione di parte eseguita sul finire del 2014 su Maria Andrada, la romena condannata in primo grado a 16 anni di carcere per aver ucciso il marito nella loro abitazione di Agugliano e averne simulato il suicidio.
La specialista avrà 90 giorni di tempo per far avere nelle mani del giudice una perizia dettaglia sul 26enne. Dovrà valutare non solo la presenza di un possibile vizio di mente dell’imputato, ma anche la sua capacità o meno di stare a giudizio e, dunque, affrontare il procedimento che lo vede coinvolto. La difesa, ieri mattina, ha espresso formalmente l’intenzione di procedere con il rito abbreviato. Una nuova udienza non è stata ancora fissata.
Il giorno della tragedia Besart era uscito di casa con il figlioletto per andare a comprare le sigarette e fare un giro in auto. Il 26enne si era spinto verso il sedile posteriore, dove era seduto il piccolo Hamid. In pochi secondi, il blackout: il macedone aveva con una mano tappato la bocca del figlio, con l’altra il naso. Dopo il decesso era stato lo stesso Besart a correre verso i familiari urlando che Hamid stava male. I soccorsi erano stati inutili. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico