ANCONA - «Ti taglio le mani», «Ti getto la benzina addosso». E ancora: «Ti faccio a pezzi in maniera tale che nessuno ti possa mai trovare. Sono...
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Un suicidio a cui la madre della donna non si è mai rassegnata, facendo scivolare delle ombre sull’ipotesi suicidio, confermato però dalla procura emiliana. La tragedia è avvenuta lo scorso settembre, un anno e mezzo dopo la denuncia sporta contro l’ex fidanzato, difeso in aula dagli avvocati Giuseppe Cutrona e Gaetano Papa. Ieri mattina, nell’udienza presieduta dal giudice Francesca De Palma, è stato ascoltato il perito informatico Luca Russo che ha analizzato il cellulare della vittima. All’interno del dispositivo c’è la serie di minacce che la procura contesta allo stalker. Più volte avrebbe minacciato l’ex di ucciderla nei modi più trucidi, ricorrendo alla benzina, all’acido o al taglio dell’addome. Dietro l’atteggiamento aggressivo ci sarebbe stata anche la diatriba per un debito di 350 euro.
Per la procura, quei soldi erano i guadagni ottenuti in un’occasione della vittima, costretta dall’ex a prostituirsi. Per la difesa, invece, la somma era frutto di un semplice prestito che l’albanese aveva elargito alla 30enne, pretendendone la restituzione una volta terminata la relazione d’amore. In mezzo ai litigi, ci sarebbero state anche le botte. La donna è stata costretta a finire al pronto soccorso per una lesione al volto guaribile in 5 giorni. Dopo la denuncia contro l’imputato, colpito anche da una pena definitiva per guida in stato di ebbrezza e finito a Montacuto, la 30enne aveva lasciato Ancona, trasferendosi in una struttura protetta di Perugia. Poi, la casa di cura in Emilia Romagna e la tragedia avvenuta poco meno di un anno fa. La difesa dell’imputato rigetta le accuse, soprattutto quella di sfruttamento della prostituzione. Processo rinviato a novembre. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico