Una spycam girata, esplosioni sospette. Inferno all’ex Tubimar: l’ombra del dolo

Una spycam girata, esplosioni sospette. Inferno all’ex Tubimar: l’ombra del dolo
ANCONA  - Si è posata un’ombra sul fascicolo aperto dopo il mega incendio che la notte dello scorso 15 settembre ha devastato l’ex Tubimar, rendendo...

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ANCONA  - Si è posata un’ombra sul fascicolo aperto dopo il mega incendio che la notte dello scorso 15 settembre ha devastato l’ex Tubimar, rendendo inagibile un’area di circa 30 mila metri quadrati. Se nella prima parte degli accertamenti svolti per risalire all’origine del rogo si era ipotizzata l’accidentalità delle fiamme, negli ultimi giorni ha preso corpo la pista dolosa. La mano di un piromane (o più persone), dunque, dietro a uno dei più vasti incendi che il capoluogo dorico ricordi negli ultimi anni.

 

 

 

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L’ipotesi del dolo emergerebbe soprattutto da una relazione prodotta nell’ambito delle consulenze di parte, portate avanti dai professionisti delegati dalle aziende danneggiate dal rogo. I consulenti hanno lavorato sul campo parallelamente agli approfondimenti eseguiti dal perito designato dalla procura, l’ingegnere bolognese Gianluigi Guidi, subito dopo l’apertura del fascicolo con impresso il reato di incendio e mai – almeno finora – caratterizzato da indagati. La perizia non è stata ancora consegnata al pm Irene Bilotta. Ma quali sono gli elementi raccolti per insinuare il sospetto che le fiamme siano state scatenate dall’azione umana? 

È stato soprattutto il ritrovamento, nei capannoni in uso alla Frittelli Maritime (10-11-12), dello scheletro di quattro mezzi alimentati a gasolio. Si tratta di due muletti, una cisterna e un furgone. Tutti e quattro sono privi del tappo che ricopre il serbatoio. Sono andati bruciati in mezzo alle lingue di fuoco? Improbabile, dato che almeno tre mezzi (ad esclusione del furgone) avevano la copertura di metallo. L’ipotesi, ancora tutta da vagliare, è che qualcuno possa aver aperto i serbatoi per svuotarli del gasolio e poi gettare quest’ultimo in più punti dell’ex Tubimar, facendolo magari incontrare con la benzina per avere un effetto devastante e accelerante. Il sospetto è che ci siano stati inneschi multipli all’interno dei capannoni dell’area portuale.

Anche perché, stando ai video acquisiti (alcuni sono stati girati dai vigili del fuoco, altri sono amatoriali), ci sarebbero stati almeno due grosse esplosioni all’altezza dei depositi più rivolti verso il bypass di via Mattei (il lato corto della L, forma dell’ex Tubimar) prima che questi fossero raggiunti dalle fiamme che, tra l’altro, si sono propagate in maniera rapidissima e violentissima. E ancora: in una parte esterna dell’ex Tubimar è stata ritrovata una telecamera posizionata a circa tre metri da terra: l’obiettivo non era rivolto verso il piazzale, bensì in direzione del muro, come se qualcuno l’avesse girata appositamente di 180 gradi per metterla fuori gioco. Infine, è stato rilevato che solo in alcuni punti del complesso portuale la pavimentazione sembra “cotta”, come se il fuoco avesse trovato terreno più fertile rispetto ad altri spazi. 



Per ora, il dolo rimane solo un’ipotesi. Certo è che se il fascicolo dovesse cambiare fattispecie di reato, l’inchiesta si allungherebbe probabilmente per la necessità di svolgere ulteriori approfondimenti investigativi e risalire ai presunti autori del maxi rogo, nonché al movente. Le aziende danneggiate, contemporaneamente al lavoro della procura, hanno nominato dei loro consulenti per cercare di fare chiarezza. Tra gli altri, in campo ci sono gli ingegneri Gabriele Annovi, Fabio Bufarini, Giovanni Cocchi e Cesare Greco.

 

 

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Corriere Adriatico