Madre e due bimbi scampati alla strage: «Ci siamo nascosti»

Madre e due bimbi scampati alla strage: «Ci siamo nascosti»
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ANCONA - «Stava fumando all’esterno dell’aeroporto nel momento in cui l’attentatore ha aperto il fuoco. Gli spari provenivano dal piano superiore. Quando mio zio è rientrato, non riusciva più a trovare la moglie e i figli: ha pensato al peggio. Per fortuna stanno tutti bene, si erano barricati nella stanza di un addetto alle pulizie. Ora sono in salvo». Ha trascorso la notte senza chiudere occhio Adolfo Pedroso Stable, barman anconetano di 27 anni d’origine cubana, titolare del London Caffè di via XXV Aprile. Pedro, come lo conoscono tutti, e la madre Reyna sono rimasti costantemente incollati al telefono in attesa di notizie rassicuranti dalla Florida.


Appena saputo dell’attentato all’aeroporto di Fort Lauderdale, il pensiero è andato ai parenti che vivono a Miami e che proprio nel giorno dell’Epifania rientravano da una vacanza a Cuba, la loro patria. Morge Stable, meccanico 46enne e la moglie Adnie Rodriquez - gli zii di Pedro - si trovavano nello scalo dell’orrore insieme ai due figli di 5 e 8 anni. Erano proprio all’interno del Terminal 2, a pochi passi dall’area ritiro bagagli, quando il killer Esteban Santiag, 26 anni, veterano dell’Iraq, ha aperto il fuoco per 45 secondi, freddando 5 persone e ferendone 8. «Non l’abbiamo visto, ma abbiamo sentito distintamente i colpi di pistola: un inferno che sembrava non finire mai».


Così Morge ha decritto l’incubo al nipote che, appena appresa la notizia su internet, ha provato a mettersi in contatto con lo zio. «La linea non prendeva - è il drammatico racconto di Pedro -. Non sapevo di preciso il giorno in cui lui e la sua famiglia sarebbero rientrati da Cuba. Io e mia madre siamo stati terribilmente in ansia. Poi, all’improvviso, ecco una videochiamata. Erano i miei zii. Erano spaventati, provati, ma stavano bene, grazie a Dio. I bimbi erano aggrappati al collo del papà. Sarà un’esperienza che difficilmente riusciranno a dimenticare». La telefonata rassicurante è arrivata solo dopo interminabili ore di angoscia, nelle quali i parenti anconetani della famigliola cubana ha pianto e pregato perché dall’altra parte dell’Oceano qualcuno rispondesse al cellulare e li tranquillizzasse. «Erano ancora barricati nell’aeroporto, in un’area più sicura, insieme a tantissimi altri passeggeri. Ma l’incubo non era ancora finito perché una voce all’altoparlante diceva che un terrorista era stato catturato, ma forse ce n’erano altri due in giro». Per fortuna non era così. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico