ANCONA - Si cercheranno indizi tra la cenere perché le telecamere, al momento, non sono state di grande aiuto, se non per individuare l’orario in cui è...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
LEGGI ANCHE:
Incendio a Portonovo, indagini a tutto campo. La verità dalle spycam, acquisite dai carabinieri ore di riprese
Le tre relazioni redatte e consegnate dai vigili del fuoco, infatti, non hanno fornito elementi decisivi: nessuno si è espresso sulle cause del disastro, né la squadra intervenuta all’alba per spegnere l’incendio (dopo la segnalazione di un grossista arrivato nella baia per consegnare un carico di bevande), né quella che si è occupata della successiva operazione di smassamento delle attrezzature più voluminose con un escavatore, né il funzionario che ha supervisionato entrambi gli interventi.
I vigili del fuoco sono arrivati quando ormai le fiamme avevano distrutto completamente lo chalet: la scena di devastazione totale, come fosse caduta una bomba su Portonovo, ha reso impossibile non solo ipotizzare le cause del rogo sulla base dei reperti, ma anche risalire al punto da cui ha avuto origine. Neppure il reportage fotografico dei vigili del fuoco, del Nucleo investigativo dei carabinieri e della specialisti della Scientifica ha contribuito a chiarire i dubbi: a distanza di 10 giorni, non sono emersi elementi che possano permettere agli investigatori di propendere per l’una o l’altra ipotesi, per il dolo o per un evento accidentale. Pertanto, l’ombra di un piromane non può essere scacciata, anche se dalle riprese registrate dalle telecamere di alcune strutture e abitazioni private della baia (quelle di SpiaggiaBonetti sono andate distrutte) non si noterebbero movimenti sospetti: un bagliore e del fumo che offusca la luce dei fari del vicino ristorante Giacchetti (a quell’ora già chiuso) porta a credere che le fiamme si siano sviluppate poco prima della mezzanotte. In mancanza di testimonianze, gli inquirenti intendono andare a caccia di indizi tra ciò che resta dello chalet: potrebbero decidere di effettuare un nuovo sopralluogo, prima che l’area venga dissequestrata, per prelevare materiale e sottoporlo ad analisi approfondite, alla ricerca di eventuali tracce di liquido accelerante che, nel caso venisse rinvenuto, confermerebbe la tesi del dolo.
Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico