ANCONA - Lei ha 15 anni. Lui il doppio. A dividerli, oltre all’età, un oceano intero. Si conoscono via social e lui, stando ai riscontri investigativi, inizia a...
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È scattata venerdì pomeriggio l’operazione che ha portato in manette un 30enne degli Stati Uniti con l’accusa di detenzione di materiale pedopornografico. Nei cloud creati dall’uomo e ritrovati nei due cellulari che aveva con sé al momento dell’arresto sono stati trovati decine di file con foto e video proibiti. Quelli che avrebbe chiesto alla 15enne della provincia dorica con cui aveva stretto una conoscenza via social: Whatsapp e Instagram soprattutto. Ma sono in corso ulteriori accertamenti per verificare la presenza di file ritraenti altri minori in pose a luci rosse. L’arresto è stato possibile anche grazie alla denuncia dei genitori della 15enne, accortisi in tempo di quello che stava accadendo da qualche settimana alla loro figlia.
Dunque, i militari (hanno operato quelli della Compagnia di Osimo) sono riusciti a scoprire quando il 30enne sarebbe arrivato nelle Marche, quale struttura ricettiva aveva scelto per il soggiorno e il presunto luogo di incontro con la minore. Ieri mattina, lo statunitense – che porta tatuati sulla pelle dei simboli che sarebbero connessi al satanismo - è stato portato in tribunale per la direttissima. Il giudice Aberto Pallucchini ha convalidato l’arresto. Il 30enne ha patteggiato due anni di reclusione, pena sospesa, per il reato di detenzione di materiale pedopornografico. È tornato dunque in libertà, con la prescrizione di lasciare l’Italia e di non farvi ritorno per i prossimi cinque anni. Contestualmente al patteggiamento, infatti, il giudice ha decretato l’espulsione del cittadino a stelle e strisce. Le indagini, comunque, sono ancora in corso per cristallizzare al meglio i contorni del viaggio intercontinentale dell’uomo.
Stando a quanto emerso finora in questa delicata vicenda, la conoscenza tra la 15enne e lo statunitense risalirebbe a pochissimo tempo fa. Tra di loro ci sarebbero intercorse delle chat aperte sui social network e lo scambio di file a luci rosse. Secondo i rilievi, l’uomo nascondeva i file proibiti inviati dalla minore (e forse anche da altre vittime) in un cloud e non in una sim o nella memoria del telefono. Per cui, quando gli sono stati sequestrati i due smartphone poco prima che potesse incontrare la ragazzina, non è stato semplice risalire alla cartella digitale. I dispositivi, infatti, sembravano essere puliti.
È stato necessario l’intervento dell’analista forense Luca Russo – chiamato dal pm Rosario Lioniello – per scovare i file del cloud. Qualche giorno fa, la decisione del 30enne di venire nella provincia dorica e alloggiare in una cittadina a sud Ancona. Stando ai riscontri investigativi, l’obiettivo era quello di passare del tempo con la minore adescata sul web. Niente di tutto questo è avvenuto grazie alla denuncia dei genitori e l’intervento dei carabinieri. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico