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ANCONA - Ogni giorno che passa è un colpo di cesello alla pietra tombale che sta per erigersi sulla rinascita del Palaveneto. Gli step di progettazione sono fermi al livello definitivo. Manca, infatti, l’esecutivo che darebbe il via alla cantierizzazione. In tutto, sono 500 giorni che il Comune attende la documentazione. Il ritardo accumulato, sulla tabella di marcia, dagli studi Zanna (di Fano) e Cooprogetti (di Gubbio) a cui è stata affidata la progettazione, è di circa 400 giorni. Da contratto, stipulato nel 2022, il cronoprogramma citava 120 giorni di lavorazione.
Se ne sono aggiunti 380, per ora. Tanti. Troppi. Perché l’opera di riqualificazione da 6,6 milioni di euro è soggetta ad una verifica scrupolosa delle scadenze. Lo prevede il Pnrr. La prima è fissata al 30 settembre 2024. Il target improcrastinabile: dovrà essere compiuto il 30% del restyling. Pena la perdita del contributo.
Il mistero
Aleggia il mistero sul perché di tutto questo ritardo. Scavando, siamo riusciti a sapere che l’elaborazione del progetto, nelle sue varie parti, è stata spacchettata.
Il rischio
E intanto il tempo scorre. Le lancette dell’orologio del Pnrr girano a più non posso. La scadenza del 30 settembre si avvicina a velocità preoccupante. E ai blocchi di partenza l’impresa Ubaldi di Ascoli Piceno, che si è aggiudicata i lavori di restyling dello stabile, attende di poter scendere in pista. Niente da fare. Tutto bloccato. Ormai febbraio è finito. Anche dovesse arrivare il progetto esecutivo a marzo, il cantiere non partirebbe prima di un mese. E si fa aprile. Resterebbero cinque mesi per raggiungere il traguardo del 30% di compimento dell’opera. Non per mancare di fiducia ad un’impresa solida e strutturata come la Ubaldi, ma la razionalità porterebbe chiunque a dubitare di un obiettivo del genere in un lasso di tempo così breve. E, molto probabilmente, anche nei corridoi di Palazzo del popolo c’è già chi sente aria di incompiuta nel cuore di un quartiere, a due passi dal centro, che da anni attende il rilancio togliendo dal degrado quell’edificio e ricollocandolo alle antiche funzioni.
Il nulla
Sembrava si stesse muovendo qualcosa quando a metà gennaio il Comune ha falciato i posti auto lungo la via per fare spazio alle operazioni di sgombero del palas. Dieci giorni di passione. Poi il nulla. Lo stabile è chiuso dalla fine del 2019. Da allora è stato solo un crocevia di degrado che ha avvolto l’edificio e trascinato nel vortice l’intero quartiere. Poi il sogno della rinascita. E ora l’incubo peggiore: quello di un’incompiuta nel cuore della città. Bel risultato.
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Corriere Adriatico