ANCONA - Era tornato a casa ubriaco e si era accanito contro la moglie. Botte su botte, fino – dice la procura – a farle perdere il bambino che lei teneva in grembo e...
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Nella sentenza, il giudice ha calcolato, per quanto riguarda i maltrattamenti, la continuazione del reato in riferimento all’episodio di violenza per il quale lo straniero era stato arrestato e poi condannato. Tutto era accaduto nella notte tra il 29 e il 30 settembre del 2015, nell’appartamento che i due ormai ex coniugi dividevano al Piano. La violenza dell’uomo si era scatenata al ritorno da una serata alcoolica passata con gli amici. Quando aveva varcato la soglia di casa, per la moglie era iniziato l’inferno. Per l’accusa sarebbero partiti schiaffi, pugni e calcioni. Sarebbe stata una caduta, conseguenza di una lesione, a provocarle la perdita del bambino che teneva in grembo da circa 3 mesi. Le percosse si erano interrotte quando la donna riuscita a correre verso il cellulare per avvertire la polizia. Quando hanno fatto irruzione in casa, le Volanti avevano trovato la donna ferita e l’uomo in possesso di un coltello lungo 19 centimetri. Di lì, l’arresto e il processo per maltrattamenti in famiglia, conclusosi con una condanna. Il reato di procurato aborto è stato contestato solo successivamente. Per fare chiarezza, in udienza è stato interpellato un consulente. La sua perizia però, secondo la difesa, avrebbe lasciato dei dubbi sul rapporto tra la morte del feto e le lesioni. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico