La giustizia è in affanno, le udienze slittano. Ritardi di un anno per arrivare a sentenza

La giustizia è in affanno, le udienze slittano. Ritardi di un anno per arrivare a sentenza
ANCONA  - Allungamento dei tempi per arrivare a sentenza e acutizzazione di problemi già noti, come la carenza di organico negli uffici. Sono questi, secondo il...

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ANCONA  - Allungamento dei tempi per arrivare a sentenza e acutizzazione di problemi già noti, come la carenza di organico negli uffici. Sono questi, secondo il presidente dell’Ordine degli Avvocati Maurizio Miranda, gli effetti più evidenti portati dalla pandemia al mondo della giustizia. Il blocco del lockdown primaverile e quello parziale (sono state rinviate a date successive al primo aprile 2021 le udienze con i magistrati onorari) dal 9 novembre al 9 dicembre hanno inevitabilmente dilatato i tempi dei processi.

 

 


Si sono dovuti fermare, per esempio, quelli con un elevato numero di parti, come il procedimento per il crac di Banca Marche e le “spese facili” del Consiglio Regionale. Dall’altra lato della medaglia, udienze definite: come il delitto di Chiaravalle e il processo in abbreviato contro i sei rapinatori modenesi al centro dell’inchiesta sulla discoteca Lanterna Azzurra. Con le udienze da recuperare e i ruoli dei giudici quasi ingolfati, alcuni recenti rinvii a giudizio decretati dal gup sono stati fissati per la prima trattazione a marzo 2023. Processi che riguardano anche violenze sessuali e maltrattamenti in famiglia. C’è una soluzione per ridurre i tempi?

 

«Ricalendarizzare tutti i processi fissando le udienze per giornate libere – ha detto Miranda -. Ciò comporta però un notevole aggravio di lavoro sia per i magistrati che per il personale delle cancellerie che - tra carenze di organico e smart working inefficace - non è in condizione di espletare le formalità necessarie alla fissazione dell’udienza». Con le udienze quasi tutte ferme durante il lockdown, c’è stata «una sorta di “sterilizzazione” dell’attività degli uffici giudiziari che ha avuto ovviamente una diretta incidenza sui tempi della giustizia, soprattutto della giustizia civile, in quanto le cause rinviate sono state fissate nuovamente tenendo conto dei calendari già compilati «con conseguente allungamento dei tempi medi di definizione dei processi che si stima essere non inferiore ad un anno». In primavera, alcune udienze si sono tenute in modalità streaming. Basti pensare al processo per l’omicidio di Chiaravalle: l’imputato Maurizio Marinangeli ha ascoltato la sentenza che lo ha condannato all’ergastolo per l’uccisione di Emma Grilli in video-collegamento dal carcere di Pesaro.

«La trattazione di processi in via telematica – ha aggiunto Miranda - rappresenta una forte compressione dell’attività difensiva in quanto configura una forma di comunicazione che fino ad oggi era estranea al bagaglio culturale dell’avvocatura ma anche della stessa magistratura». Sullo smart working adottato dal personale degli uffici: «In realtà non consente un pieno svolgimento dell’attività lavorativa in quanto da remoto non è possibile per gli addetti accedere a tutti i sistemi informatici ministeriali. Ciò ha comportato un vero e proprio svuotamento degli uffici, già fortemente provati dalle carenze di organico che l’avvocatura da anni denuncia ed individua quale maggior causa dell’eccessiva durata dei processi, soprattutto nel settore penale». 


«Insomma – ha concluso il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Ancona - il 2020 è certamente un anno nefasto che non sarà possibile dimenticare in quanto gli eventi che sono accaduti in questi mesi avranno la loro risonanza anche dopo la data del 31 dicembre». 

 

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Corriere Adriatico