Isolato in Dad diventa schiavo delle chat: ragazzino di 13 anni in comunità terapeutica

Isolato in Dad diventa schiavo delle chat: ragazzino di 13 anni in comunità terapeutica
ANCONA - La sentenza è senza appello. Chat, internet e social sono il surrogato della polis d’una umanità confinata. Il rischio è già una...

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ANCONA - La sentenza è senza appello. Chat, internet e social sono il surrogato della polis d’una umanità confinata. Il rischio è già una certezza: l’esclusione sociale. Marco, nome di fantasia, 13 anni e studente di terza media, è simbolo e metafora. Il suo scivolare, fino a entrare in una comunità terapeutica, inizia nel buio forzato della pandemia. La scuola chiude, per contagi e per paura. Si entra nel girone della Dad. Didattica a distanza, dove i banchi e il vociare dei compagni di classe sono zippati nello schermo d’un computer. 

 

Il calvario 

Una famiglia difficile, i genitori passati attraverso il calvario d’una separazione conflittuale, per Marco è irreversibile il chiudersi in se stessi. Niente più confronto. Le sue mattine trascorrono con le lezioni online, le giornate s’accorciano e si annientano nelle restrizioni anti-Covid. Non resta che reinventarsi in formato-chat. Le chiacchiere virtuali riempiono le notti e annullano il riposo. S’inverte il ciclo sonno-veglia. Il dormire si dilata nel pomeriggio, gli insegnamenti si perdono in quel caos esistenziale. Il padre non vive più in famiglia, la madre, per lavoro, è assente forzata, il fratello maggiore non ha l’autorevolezza per intervenire. Il 13enne finisce nel tunnel più nero dell’isolamento. Quando la mamma cerca d’intervenire, scollegandolo dal suo mondo parallelo, Marco reagisce con stizza, con violenza inaudita. Spacca tutto ciò che gli capita a tiro. Il 118 interviene molte volte e le porte del pronto soccorso si spalancano in più occasioni. Fino all’epilogo, di tristezza e salvezza insieme: quel ragazzino, finito nella trappola d’una dipendenza, sta placando i suoi eccessi in una comunità terapeutica. Lì, rimarrà fino al suo ritorno alla realtà. «Ha già iniziato a incontrarsi con la famiglia». Carlo Ciccioli indica la via d’uscita per questo giovane tra i tanti che perdono di vista le coordinate del vivere. Da ex capo del dipartimento per le dipendenze patologiche degli Ospedali Riuniti, rimarca l’essenzialità del reparto di Psichiatria di transizione, appena inaugurato a Torrette. Indica le opportunità della nuova rotta: «Si prenderanno in carico soggetti d’età compresa tra i 15 e i 25 anni con disturbi comportamentali e mentali. Perché - è il suo principio - bisogna anticipare. Non si può aspettare che il disagio degeneri. In violenza, atti di bullismo, azioni autodistruttive». Guai, va ripetendo. «Ci vogliono luoghi dove saper utilizzare psicofarmaci, terapie, percorsi di recupero, relazioni sociali». Sfrutta il doppio binario: «Ottima la scelta del ministro della Pubblica istruzione Patrizio Bianchi di introdurre la filosofia negli istituti tecnici e di rinforzarla nei licei». 
La sfida 


Lo studio del pensiero umano come risposta all’abnorme consumo di tecnologia. Una sfida, per Ciccioli, non più rimandabile. «L’adolescenza è un periodo esperienziale, attraverso il quale si passa per costruire il giovane adulto. Un tempo era un percorso protetto. Oggi no». Resetta i tempi: «Spesso in famiglia, per impegni di lavoro o per la maggiore distanza generazionale che corre tra genitori e figli, si è perfetti sconosciuti. Allora, se il gruppo dei pari è buono ci si salva. Altrimenti si scivola». Come Marco. Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico