ANCONA - Poco più di un secolo di carcere. È quanto rischiano complessivamente i sei ragazzi della Bassa Modenese accusati di aver scatenato, sparando spray al...
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Per la precisione, le pene richieste considerando il rito abbreviato scelto dalle difese (che concede lo sconto di un terzo della pena) ammontano in totale a 102 anni e 9 mesi. A rischiare di più sono Ugo Di Puorto (per l’accusa è sua l’impronta trovata sulla bomboletta rinvenuta sul pavimento della Lanterna) e Raffaele Mormone: per entrambi sono stati chiesti 18 anni di reclusione. A seguire: 17 anni e 3 mesi per Andrea Cavallari, 16 anni e 10 mesi per Moez Akari, 16 anni e 7 mesi per Souhaib Haddada e 16 anni e 1 mese per Badr Amouiyah. Le accuse sono associazione a delinquere, omicidio preterintenzionale, lesioni personali e singoli episodi di rapine e furti commessi – secondo gli investigatori – in discoteche di mezza Italia. Il 16 luglio parleranno gli avvocati di parte civile e i difensori degli imputati, in carcere dall’agosto 2019 dopo le indagini dei carabinieri del Nucleo Investigativo. La sentenza è attesa per il 30 luglio. In ballo c’è poi un altro filone d’indagine legato agli aspetti della sicurezza e dei permessi rilasciati al locale.
La scorsa udienza, gli imputati avevano ammesso di essere arrivati alla Lanterna per rubare collane ai giovani avventori, per lo più ragazzini. Avevano però negato di essere un’unica banda, parlando anzi di rivalità e conoscenze superficiali tra i componenti dei tre gruppi che il 7 dicembre avevano raggiunto Corinaldo. Tutt’altra la tesi della procura, ripercorsa ieri anche grazie alla lettura delle intercettazioni ambientali che per mesi hanno spiato i sei imputati. «Dalle conversazioni – ha detto il pm Gubinelli – si evince che le attività poste in essere non sono incidenti di percorso o condotte casuali». Vengono portate avanti «perché consentono di fare soldi, procurare soddisfazione» e non fare nulla «tutto il giorno».
«La concezione di queste persone è che rubare in quel modo è una cosa bella, facile e senza rischio. Trovare chi usa lo spray in una discoteca è come cercare un ago in un pagliaio. Noi siamo riusciti a trovare gli aghi con una somma di prove univoche e schiaccianti». Il pm ha parlato di «una realtà consolidata e professionalizzata di persone che agiscono come macchine da guerra nei locali di tutta Italia e anche fuori». La professionalità del gruppo starebbe anche nel modus operandi, caratterizzato dallo spruzzare la sostanza urticante nel momento clou l’arrivo dell’artista sul palco. E poi, la divisione del territorio, l’esistenza di gang rivali, il ricorrere a un unico ricettatore per i gioielli, «tutti meccanismi tipici dei branchi che, in termini giuridici, diventano associazioni a delinquere». La banda era pronta ad utilizzare anche il taser acquistato da Cavallari. Il bastone elettrico, ha ricordato il pm Bavai, era stato intercettato dai carabinieri nel corso di un controllo: «Per fortuna è stata evitata una Corinaldo due». Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico