«Non lavori, stai sempre su Facebook» Botte alla moglie davanti alla bambina

«Non lavori, stai sempre su Facebook» Botte alla moglie davanti alla bambina
ANCONA - Troppo tempo passato sui social network e la mancanza di un lavoro. Sarebbero stati questi i motivi che avrebbero spinto un filippino di 39 anni ad abusare...

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ANCONA - Troppo tempo passato sui social network e la mancanza di un lavoro. Sarebbero stati questi i motivi che avrebbero spinto un filippino di 39 anni ad abusare dell’ormai ex moglie, una connazionale di 38 anni. L’uomo, tra l’ottobre 2012 e il febbraio 2014, l’avrebbe minacciata, picchiata e ingiuriata, addebitandole le precarie condizioni economiche nelle quali versava la famiglia, composta anche da una bambina ancora oggi minorenne.


Dopo l’ultimo episodio di botte, la donna aveva deciso di denunciare tutto. Dalla querela è nato un procedimento penale per cui il filippino deve rispondere in tribunale di un tris di accuse: maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e violenza sessuale. Dopo la denuncia agli inquirenti, la donna pensava che l’incubo fosse finito. E invece, è arrivata un’altra tegola, da una situazione lavorativa molto precaria. Alla vittima, che per un periodo ha anche vissuto in diverse strutture protette sparse per tutte le Marche, è stata anche tolta la figlia. La piccola è stata data temporaneamente in affido a un’altra famiglia, almeno finché lo status economico della 38enne non si risollevi. Ieri, davanti al collegio penale, è stata proprio la donna – assistita dall’avvocato Nicola Cagia – a salire sul banco dei testimoni per raccontare gli abusi che la procura contesta all’ex marito, tornato nel frattempo nelle Filippine. 

I maltrattamenti sarebbero iniziati subito dopo l’arrivo della donna in Italia, nell’autunno 2012, ovvero 5 anni dopo il trasferimento del 39enne ad Ancona, in un appartamento del Piano, con parte della sua famiglia. A innescare la miccia sarebbe stata un’immotivata gelosia provata dall’uomo. «Mi insultava – ha affermato la vittima – dicendomi che ero una poco di buono e che non facevo nulla per portare i soldi a casa». Le troppe ore passate su Facebook dalla donna sarebbero state interpretate dall’imputato come una perdita di tempo e motivo per non cercare lavoro e contribuire all’economia domestica. Oltre agli insulti, lui le avrebbe impedito di intrattenere rapporti con amici e conoscenti, privandola quindi della sua libertà. Ci sarebbero state poi le botte, molte delle quali, sostiene l’accusa, davanti agli occhi della loro bimba.  Leggi l'articolo completo su
Corriere Adriatico