IL PUNTO di Emanuele Coppari Vanno presi e rinchiusi. E dai giudici niente sconti

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Ma quando li fermiamo i bulli che pestano a sangue per uno sguardo in tralice o un rimprovero per una bici rubata? Quante scene di tanti contro uno devono ancora scorrere sui cellulari di residenti che, come spettatori di un reality, filmano dal balcone pestaggi sotto casa? Siamo stanchi di ragazzini che mostrano ghigno e muscoli per marcare il territorio, liberi di scorrazzare, impuniti. Può bastare così, grazie. Ora prendeteli questi spacconi che girano in branco e si scagliano contro i più deboli, come il ragazzo disabile centrato domenica da una grandinata di calci e pugni in via Novelli. Dategli un volto e un nome. E poi cercate, cari giudici inutilmente tolleranti con questa feccia, di metterli nelle condizioni di non nuocere più (pena o messa alla prova fanno il solletico). Che fine hanno fatto i 4 bravi ragazzi che urlando - «Ho un coltello, ti squarto» - il 25 luglio scorso hanno messo spalle al muro, in via Matteotti, un 50enne tempestandolo di colpi e spedendolo all’ospedale con il naso rotto, un dente spezzato e 30 giorni di prognosi? Sono stati identificati e denunciati: ma non è che vanno ancora a zonzo a ruggire contro il primo indifeso che capita a tiro? «Mia figlia dev’essere assistita in tutto, dobbiamo imboccarla e lavarla, ha paura anche di prendere un gelato nel bar sotto casa». Questa è la mamma di una ragazzina strappata, con il fidanzato, dalle fauci di una baby gang che organizzava spedizioni punitive, colpiva con cinghie e bottigliate poveretti a terra, afferrava per il collo ragazzini, li taglieggiava per scroccare sigarette o soldi. Tre di questi sono stati rinviati a giudizio. Ecco, giudicateli, e dopo magari buttate la chiave. La nostra pazienza è finita. Speriamo anche la vostra. 


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Corriere Adriatico